La remissione tacita della querela

La mancata comparizione del querelante, espressamente avvisato dal giudice che la sua eventuale assenza sara’ interpretata come fatto incompatibile con la volonta’ di persistere nella querela, configura remissione tacita della stessa? la parola alle sezioni unite.

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18988 del 21 marzo 2016, ha chiamato le Sezioni Unite a pronunciarsi sulla seguente questione: la mancata comparizione, innanzi al Giudice di Pace, del querelante – previamente e ritualmente avvisato del fatto che la sua successiva assenza verrà interpretata come volontà di non perseguire nell’istanza di punizione – integra gli estremi della remissione tacita della querela?

Nella fattispecie, il caso da cui prende spunto l’ordinanza di rimessione in oggetto, riguarda il ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Taranto avverso la decisione del Giudice di Pace di Taranto, che ha stabilito “di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai delitti di ingiuria e minaccia, perché estinti per remissione tacita di querela, vista l’assenza della persona offesa all’udienza fissata ai sensi dell’art. 29 d. lgs. 274/2000, benché avvisata che la sua mancata comparizione sarebbe stata considerata come espressione della volontà di conciliare la lite e, quindi, di rimettere la querela”.

Il P.G., dissentendo da tale assunto del Giudice di Pace, in forza del principio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 45088 del 30/10/2008, contesta che la mancata comparizione del querelante possa essere recepita quale manifestazione di volontà di conciliazione, e che, dunque, tale condotta possa integrare gli estremi della remissione tacita di querela, nel caso di procedimento promosso ex art. 20 decreto legislativo n.274 del 2000 ovvero su iniziativa della p.g.

Orbene, la Corte di Cassazione, nel corpo dell’ordinanza de qua, ritenendo ammissibile il ricorso proposto dalla Procura, dà conto, preliminarmente, dei due indirizzi giurisprudenziali formatisi sul punto, prima che le Sezioni Unite dirimessero la questione con la richiamata sentenza del 2008.

In particolare, secondo l’indirizzo maggioritario, la condotta della persona offesa, sopra descritta, non integra gli estremi della remissione tacita, ai sensi dell’art. 152 c.p., poiché tale forma di remissione è prevista solo con riguardo alla remissione extraprocessuale, mentre nel caso di specie si fa riferimento ad un comportamento processuale, che, pertanto, non può costituire espressione dell’intento di remissione dell’istanza punitiva (ex multis, Cass. Sez. V n. 12861/2005; Cass. Sez. IV n. 17663 del 13/03/2008).

Al contrario, secondo un indirizzo minoritario, ispirato ad esigenze di snellezza del processo, la condotta omissiva del querelante, realizza un’ipotesi di remissione tacita extraprocessuale, poiché si tratta di un comportamento che, nel suo complesso, ha sicuro carattere di contraddizione logica rispetto alla volontà di punizione del colpevole manifestata con la querela (Cass. Sez. V n. 14063 del 19.03.2008; Cass. Sez. IV n. 20018 del 12/04/2008).

Le Sezioni Unite, con la già citata sentenza n. 45088/2008, componendo il contrasto tra i due diversi orientamenti segnalati, hanno recepito l’ indirizzo maggioritario, affermando il seguente principio di diritto: “all’infuori dell’ipotesi espressamente e specificatamente disciplinata dagli artt. 21, 28 e 30 del d. lgs. 274/2000, la mancata comparizione del querelante nel processo, nonostante la sollecitazione del giudice a comparire, non configura una remissione tacita di querela”.

Tale decisione delle Sezioni Unite si fonda sulla base delle seguenti argomentazioni:
a) la mancata comparizione del querelante nel processo, comporta la sopravvenuta improcedibilità, a norma dell’art. 28, comma 3, del d. lgs. 274/2000, solo nell’ipotesi disciplinata dall’art. 21 ovvero in caso di ricorso immediato al giudice da parte della persona offesa, e non nell’ipotesi prevista dall’art. 20 del medesimo decreto legislativo ovvero in caso di citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria;
b) la remissione della querela come conseguenza della mancata comparizione del querelante è disciplinata da norme specifiche non evocabili in situazioni diverse;
c) sotto il generale profilo dell’art. 152 c.p., si osserva come attribuendo l’effetto di una remissione tacita di querela al comportamento del querelante che non si sia presentato all’udienza, seppur espressamente ammonito in tal senso, si ricollegano conseguenze non previste dalla legge all’inottemperanza di un onere anch’esso non previsto dalla legge;
d) infine, posto che la mancata comparizione in udienza del querelante è un accadimento interno al processo, tale condotta omissiva comporterebbe una remissione tacita processuale che è inammissibile.

Ebbene, rileva la Quinta Sezione della Corte di Cassazione, che all’esplicata pronuncia delle Sezioni Unite ha fatto seguito un lungo periodo di adeguamento, finché nell’ambito della stessa Quinta Sezione, non si è formato un diverso indirizzo giurisprudenziale volto a superare il principio interpretativo fornito con la più volte citata sentenza del 2008.

Di tale diverso indirizzo giurisprudenziale sono espressione le sentenze nn. 8638/2016 del 22/12/2015, 12186/16 del 22/12/2015 e 12417/16 dell’1/02/16.
In particolare, la sentenza n. 8638/2016, ritiene legittimo accordare al Giudice di Pace la possibilità di verificare la sussistenza di una volontà conciliativa, anche derivante dall’inattività della persona offesa nel perseguire l’intento punitivo, che può trovare conferma nella mancata comparizione all’udienza fissata per esperire il tentativo di conciliazione. Ciò in adesione al principio generale improntato al favor conciliativo tra le parti, sancito dall’art. 2, comma 2, del d. lgs. 274/2000, che rappresenta un’espressione del principio di ragionevole durata del processo ed in considerazione dell’importante presenza di istituti deflattivi nel processo innanzi al Giudice di Pace.

Viene, dunque, affermato il seguente principio di diritto: “tenuto conto del principio generale del favor conciliationis, cui è improntato il sistema normativo che regola il procedimento penale dinanzi al Giudice di Pace, e che esso è collocabile nell’ambito del più ampio principio della ragionevole durata dei processi, la mancata comparizione del querelante – previamente e chiaramente avvisato del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere interpretata come volontà di non perseguire nell’istanza di punizione – integra gli estremi della remissione tacita, sempre che lo stesso querelante abbia personalmente ricevuto detto avviso, non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta”.

Ad identiche conclusioni giunge la sentenza n. 12186/16, secondo cui: “la mancata comparizione del querelante – previamente ed espressamente avvisato che l’eventuale successiva assenza sarà interpretata come abbandono dell’istanza di punizione – integra gli estremi della remissione tacita extraprocessuale, trattandosi di condotta (omissiva) posta in essere da un soggetto che non riveste la qualità di parte in senso tecnico ed alla cui inerzia non può attribuirsi alcuna connotazione di natura processuale, costituendo soltanto il momento in cui il giudice, nel suo libero convincimento, ritiene integrata la prova di una decisione presa a monte. A tal fine, il giudice deve verificare con estremo rigore che la persona offesa-querelante abbia personalmente ricevuto detto avviso, che non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta”.

Infine, la sentenza n. 12417/16, afferma che l’assenza della persona offesa-querelante, non costituita parte civile, implica una manifestazione di disinteresse per il processo e per la prosecuzione dello stesso ovvero una manifestazione tacita di voler rimettere la querela. Inoltre, replicando all’argomentazione addotta dalle Sezioni Unite nella sentenza del 2008, sostiene che la mancata comparizione del querelante che non abbia giustificato il proprio impedimento debba essere considerata come remissione tacita della querela, anche al di fuori del caso previsto dall’art. 28 comma 3,. Ciò in quanto, secondo una lettura costituzionalmente orientata delle norme, ad un comportamento identico non possono essere attribuiti effetti diversi.

Orbene, va rilevato che, di recente, nell’ambito della Quinta Sezione Penale della Cassazione, a questo nuovo indirizzo giurisprudenziale sopra indicato, si è contrapposto un contrario orientamento (conforme alla sentenza delle Sezioni Unite del 2008), espresso nella sentenza n. 12187/2016 dell’08/03/16, in cui si afferma che:
a) la mancata comparizione della persona offesa, anche a seguito di sollecitazione del giudice, è un fatto processuale e non può configurare remissione tacita della querela, tanto più che l’assenza della persona offesa in udienza è un dato neutro, di natura non necessariamente remissoria;
b) il favor conciliationis è inidoneo a giustificare un potere del giudice a predeterminare una specifica condotta, che debba essere interpretata come sicura accettazione del tentativo di conciliazione, ed a giustificare le conseguenze sanzionatorie che deriverebbero dall’inottemperanza dell’invito a comparire;
c) la circostanza che l’art. 29, comma 5, d. lgs. 274/2000, prevede in caso di conciliazione tra le parti, la redazione di un verbale attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso immediato, con la relativa accettazione dell’imputato, conferma l’impossibilità di attribuire alla sopra descritta condotta omissiva, della persona offesa-querelante, il significato di remissione tacita di querela;
d) infine, l’orientamento volto a valorizzare il principio di ragionevole durata del processo non trova agganci nel diritto vigente e si pone in posizione di discontinuità rispetto al rafforzamento della tutela riconosciuta alla persona offesa dal reato nel nostro ordinamento, anche in esecuzione di direttive comunitarie.

Alla luce del permanere di tale contrasto, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione, ha, dunque, ritenuto preliminare rispetto alla decisione sul caso concreto sottoposto alla sua attenzione, rimettere la questione alle Sezioni Unite, al fine di dirimere il contrasto in atto nella giurisprudenza interna alla Sezione.
Ebbene, le Sezioni Unite, chiamate ad esprimersi sulla risoluzione di tale contrasto, secondo l’informazione provvisoria diffusa dalla Suprema Corte in data 23 giugno 2016 (Pres. Canzio, Rel. Conti, Ric. P.G. c. Pastore), hanno affermato che: la mancata comparizione alla udienza dibattimentale, sia davanti al giudice di pace sia davanti al tribunale ordinario, del querelante, previamente ed espressamente avvisato dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela, configura remissione tacita della stessa.

In attesa delle motivazioni che sorreggono l’iter logico che ha condotto a tale decisione, il dato che appare evidente è che le Sezioni Unite, hanno sconfessato la precedente pronuncia del 2008, aderendo all’indirizzo maggioritario sviluppatosi nell’ambito della giurisprudenza della Cass. V Sez. Pen. Resta, adesso, da capire se le motivazioni che sorreggono tale pronuncia siano le stesse espresse nelle sentenze sopra indicate.

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