intercettazioni, la nuova disciplina

La riforma delle intercettazioni, tutela della privacy e più poteri ai PM.

Divieto di trascrizione, anche sommaria, di dati e informazioni personali sensibili se non rilevanti ai fini dell’indagine.

E’ finita l’era dello “sbatti il mostro in prima pagina”?  Chi vivrà, vedrà; intanto, a partire dal 1° settembre 2020, la nuova disciplina delle intercettazioni è in vigore (D.L. n.161/19 conv. in L. n.35/20).
Diverse le novità che la riforma ha introdotto soprattutto con riferimento al rapporto fra le intercettazioni e la tutela alla privacy.

Si riporta il testo integrale della relazione n.35/20 del massimario della Corte di Cassazione sulla “legge 28 febbraio 2020, n. 7, conversione in legge con modificazioni del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 161, Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”.

Analizzando le diverse modifiche introdotte, si ricorda che da oggi la selezione delle intercettazione relative alle indagini che spetta al Pubblico Ministero e non più alla polizia giudiziaria.

La relazione sottolinea come «la ratio della legge delega 23 giugno 2017, n. 103 e del successivo d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, era ispirata ad introdurre un sistema di valutazione preventiva della rilevanza dei risultati delle intercettazioni, escludendo quelli non necessari ai fini investigativi fin dalla fase dell’ascolto e creando una distinzione tra il materiale rilevante, destinato a confluire nel fascicolo delle indagini e poi in quello del dibattimento, e quello non rilevante, che rimaneva custodito nell’archivio riservato. In quest’ottica, il d.lgs. n. 216/2017, inserendo il comma 2-bis, all’art. 268 c.p.p., aveva introdotto un vero e proprio divieto di trascrizione, anche sommaria, delle conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini, ovvero concernenti dati personali sensibili, divieto che operava fin dalla fase della captazione». Il Massimario prosegue chiarendo che «è utile indicare l’antecedente normativo al solo fine di rendere manifesta la diversità della nuova disciplina, introdotta dal d.l. n. 161/2019, convertito con modificazioni dalla l. n. 7/2020, che ha integralmente rimodulato la tutela “preventiva” della riservatezza, escludendo il divieto di trascrizione inizialmente previsto». L’art. 268, comma 2-bis, c.p.p. demanda al pubblico ministero una duplice funzione, ovvero fornire indicazioni in merito a quali debbano essere le conversazioni da non trascrivere e vigilare affinché ciò avvenga. Si ipotizza dunque la possibilità che gli uffici di procura elaborino criteri generali in tal senso, senza però escludere la possibilità per il pubblico ministero di impartire direttive ad hoc per il singolo procedimento. Quanto all’attività di vigilanza, l’attuale formulazione normativa non specifica le modalità di concreto svolgimento della stessa «tuttavia, affinché questa sia effettiva, pare necessario prevedere l’obbligo, per la p.g. deputata all’ascolto, di informare tempestivamente il p.m. in ordine alle conversazioni potenzialmente insuscettibili di trascrizione. […] In concreto, tenendo anche presente la complessità della gestione di un numero sovente elevato di intercettazioni nel medesimo procedimento, è lecito ritenere che il controllo del p.m. sulle intercettazioni di cui non va disposta la trascrizione sarà limitato ai soli casi in cui la p.g. riterrà dubbia la possibilità di procedere alla trascrizione. Anche a tal riguardo, del resto, è auspicabile che gli uffici di procura forniscano indicazioni preventive alla p.g.».

Lascia un commento