Unioni civili e convivenze di fatto: in vigore la nuova disciplina

Le unioni civili e la convivenza di fatto: un passo storico per l’ordinamento giuridico italiano.

Da ieri, 5 giugno 2016, è entrata in vigore la c.d. Legge Cirinnà (Legge 20 maggio 2016, n. 76), che regola per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano le unioni civili anche tra due persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto.

L’entrata in vigore di tale normativa è stata lunga e travagliata, sia dentro che fuori il Parlamento, ma dopo le prime divisioni ideologiche, ancora oggi esistenti, è stato fatto un primo passo storico che vede, però, alcune lacune di tipo pratico.

Infatti, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di unione civile tra persone dello stesso sesso nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) adeguamento alle previsioni della legge delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni;
b) modifica e riordino delle norme in materia di diritto internazionale privato, prevedendo l’applicazione della disciplina dell’unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all’estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo;
c) modificazioni ed integrazioni normative per il necessario coordinamento con la presente legge delle disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti
”.

In attesa dell’intervento governativo, gli uffici comunali sono privi di criteri direttivi e regole pratiche da adottare. L’unica eccezione è data dalla circolare n. 7 dell’1 giugno scorso del Ministero dell’Interno, la quale ha dettato le prime regole pratiche, ma solo in tema di convivenza di fatto e non di unioni civili.

Passiamo, quindi, ad esaminare le più importanti novità introdotte dalla L. 76/2016, c.d. Legge Cirinnà.

1) Le unioni civili

Le “unioni civili” vengono definite dall’art. 1 della Legge Cirinnà come “unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione”.
Due persone maggiorenni dello stesso sesso potranno pertanto costituire un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni.

Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti saranno tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni.
L’unione civile emerge, quindi, dal testo normativo come un istituto analogo al matrimonio.

All’atto della dichiarazione l’ufficiale dovrà compilare un certificato con i dati anagrafici delle parti, le parti dovranno scegliere il regime patrimoniale da adottare (che in mancanza di scelta contraria resta la comunione dei beni), l’indirizzo della vita familiare e la residenza comune. L’ufficiale di stato civile provvederà poi alla registrazione della dichiarazione nell’archivio dello stato civile.

Altre conseguenze dell’unione civile sono a titolo esemplificativo: la possibilità di scegliere il cognome dell’altro, la pensione di reversibilità, il TFR e la possibilità di accettare l’eredità derivante dalla morte del partner.

In merito ai limiti per contrarre un’unione civile, anche su questo punto si ritrovano delle analogie con l’istituto tradizionale del matrimonio. Pertanto, non potrà unirsi civilmente chi è ancora sposato, chi ha legami di parentela, chi ha commesso un omicidio (o un tentato omicidio) nei confronti di un precedente coniuge o membro di un’unione civile.

Tale similitudine si riscontra anche nelle cause di scioglimento dell’unione civile, riprendendo le cause del divorzio. Altra causa di scioglimento è la dichiarazione, anche disgiunta, resa da uno dei membri dell’unione dinanzi all’ufficiale dello stato civile.
Inoltre, il testo prevede espressamente la possibilità di applicare la Legge n. 162 del 2014 sulla negoziazione assistita, non prevedendo invece l’applicabilità della disciplina sulla separazione.

2) Le convivenze di fatto

Il comma 36 dell’art. 1 della legge in commento disciplina le convivenze di fatto, sia eterosessuali che omosessuali, intendendo per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

La dichiarazione di convivenza può essere sia inviata direttamente all’ufficio anagrafe del comune di residenza, sia attraverso fax, posta o telematicamente. Il partner che provvede a compilare la dichiarazione di convivenza sarà quello “che dirige la convivenza”.

Anche ai conviventi di fatto, come nelle unioni civili, sono estesi alcuni diritti che spettano oggi ai coniugi, tra cui: i diritti previsti dall’ordinamento penitenziario; il diritto di visita in ambito sanitario; la facoltà di designare il partner come rappresentante anche per le decisioni sulla scelta di donare gli organi; i diritti inerenti la casa di abitazione; il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, ecc…

I conviventi potranno regolare la propria vita in comune per mezzo di appositi contratti di convivenza previsti dalla stessa Legge, che disciplinano esclusivamente gli aspetti patrimoniali del rapporto e non quelli personali.
Il contratto di convivenza, di cui al comma 50, le sue modifiche e la sua risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Ai fini dell’opponibilità ai terzi di tale contratto, il professionista che ha ricevuto l’atto in forma pubblica o che ne ha autenticato la sottoscrizione deve provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe.
II contratto di convivenza può essere affetto da nullità insanabile che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse se concluso: in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza; in violazione del comma 36, che definisce l’istituto della convivenza di fatto; da persona minore di età; da persona interdetta giudizialmente; in caso di condanna per il delitto di cui all’articolo 88 del codice civile.

Invece, la risoluzione del contratto è possibile nei casi indicati dalla stessa legge, ossia: per la morte del partner; per recesso unilaterale o accordo tra le parti; nell’ipotesi di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un terzo.

Alla cessazione della convivenza potrà conseguire altresì il diritto agli alimenti in capo ad uno dei due partner. Tale diritto deve essere accertato da un giudice, in base allo stato di bisogno in cui versi il convivente e all’impossibilità di provvedere al proprio mantenimento. In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’articolo 438, secondo comma, del codice civile.

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