Protezione umanitaria per gli extracomunitari

La protezione umanitaria. La concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari agli extracomunitari che si trovino in grave stato di indigenza.
La recente ordinanza del Tribunale di Milano emessa il 31/03/2016

Se sei povero meriti di essere accolto, di ricevere la dovuta protezione umanitaria, perché la tua condizione non è di minore di importanza di quella di coloro che scappano dalla guerra.
Questo è il principio di diritto offerto dall’ordinanza in commento, emessa dal Tribunale di Milano.
La decisione della Corte di merito non ha certo la rilevanza di un principio di diritto della Suprema Corte tuttavia, nella sua linearità sotto un profilo logico-giuridico, porta con se il seme di una rivoluzione culturale sulla condizione dello “straniero” in fuga che mette piede sul territorio dell’Unione Europea.

La linearità sul piano argomentativo muove, in primo luogo, da un corretto approccio rispetto alle fonti de diritto internazionale ed alla centralità, in questa prospettiva, sia dei Trattati Internazionali che degli accordi e patti trasnazionali sui diritti civili e sulla loro promozione e tutela.
La lettura sistematica di tali fonti primarie impone un obbligo “inamovibile” in capo a tutti gli stati firmatari: il riconoscimento e la più ampia tutela possibile del diritto universale ad un tenore di vita adeguato per sè e per la propria famiglia.

Ma vi è di più.
Il riconoscimento di un diritto fondamentale, come quello sopra individuato, afferma il Tribunale, non può dipendere dal numero di soggetti cui quel diritto viene riconosciuto per sua natura, un diritto universale non è a numero chiuso.
Sulla base di tali presupposti teorici, ed ecco la valenza rivoluzionaria di questa decisione, si scardinano i meccanismi dell’attuale politica di restrizione delle migrazioni attuate da tutti i governi moderati sia di destra che di sinistra.

L’impostazione attuale, infatti, fa leva sulla miope suddivisione dei migranti in due macro categorie: i migranti di serie A, che scappano dalle guerre e che possono, a certe condizioni, essere aiutati, ed i migranti di serie B, che fuggono soltanto dalla fame e dalla povertà, e che quindi possono continuare a vivere di stenti nel loro paese d’origine fintanto che qualche folle criminale non avrà deciso di fare in questi paesi una guerra o quanto meno non abbia attentato alla loro vita.

Nella speranza che questo piccolo seme di verità giuridica fiorisca in tutte le Corti e giunga alle Assemblee elettive dell’Unione Europea, si riporta uno dei uno dei passi decisivi di questa ordinanza che pur non concedendo né la protezione internazionale, né quella sussidiaria, ma concedendo quella umanitaria, avrà fatto molto per la vita di uno dei tanti disperati del nostro secolo:

E la prova che le condizioni di vita del ricorrente nel Paese di origine sono del tutto inadeguate è in re ipsa. 
Apparirebbe infatti contraddittoria ed inverosimile la scelta del ricorrente di percorrere un viaggio così tanto lungo, incerto e rischioso per la propria vita, se nel Paese di origine godesse di condizioni di vita sopra la soglia di accettabilità ed adeguatezza.
Il rimpatrio provocherebbe la violazione certa degli obblighi più volte menzionati, ponendo il ricorrente in una situazione di estrema difficoltà economica e sociale e sostanzialmente imponendogli condizioni di vita del tutto inadeguate, in spregio agli obblighi di solidarietà di fonte nazionale ed internazionale più volte richiamati. Né vale sostenere che l’interpretazione di cui sopra può comportare il rischio di un riconoscimento di massa della protezione umanitaria.
 Si badi infatti che il riconoscimento di un diritto fondamentale non può dipendere dal numero di soggetti cui quel diritto viene riconosciuto per sua natura, un diritto universale non è a numero chiuso“.

(v. ordinanza del 31/3/2016 del Tribunale di Milano con riferimento alla causa nr. 64207/2015 R.G.).

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