Muos: la tutela paesaggistica-ambientale e la tutela alla salute

MUOS – le motivazioni della sentenza della corte di cassazione: il fatto oggetto della notizia di reato è sempre lo stesso; nella tutela del paesaggio e dell’ambiente è ricompresa la salvaguardia della salute dell’uomo.

Riteniamo opportuno condividere con giuristi e cittadini il testo integrale della recentissima sentenza della Corte di Cassazione, sez. III penale, che ha confermato il sequestro dell’infrastruttura militare, Mobile User Objective System (c.d. MUOS).

La sentenza ha dichiarato legittimo il sequestro preventivo de quo perché le opere sarebbero state eseguite – senza opportune e legittime autorizzazioni – in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico e, pertanto, sarebbero  abusive (sent. nr.9950/2016).

In sintesi la ricostruzione della vicenda, in fatto e diritto.

La realizzazione del MUOS veniva inizialmente autorizzata dalla Regione Siciliana con i provvedimenti del 01/06/2011 e del 28/06/2011. Tali atti venivano successivamente revocati con i decreti nn.15532 e 151513 dell’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente. Lo stesso Assessorato, però, con un successivo decreto in data 24/07/2013 revocava la revoca. Quest’ultimo provvedimento veniva, infine, annullato dal Tar con la sentenza del 13/02/2015.  Avverso questa decisione pende tutt’ora il ricorso al Consiglio di Giustizia Amministrativa che nelle more ha emesso in data 8/7/2015 la sentenza non definitiva con la quale ha disposto un’integrazione istruttoria.

Con riferimento alla costruzione del MUOS, dinnanzi alla Procura della Repubblica di Caltagirone veniva iscritto nel 2012 un procedimento penale per abuso edilizio, nell’ambito del quale veniva disposto un primo decreto di sequestro in data 4/10/2012. Tale decreto veniva successivamente annullato dal Tribunale di Catania in data 26/10/2012.

Con la sentenza del Tar di annullamento del decreto di revoca della revoca, il PM richiedeva nuovamente il sequestro dell’infrastruttura militare, essendo accaduto un fatto nuovo (l’accertamento dell’illegittimità degli atti emessi dall’Assessorato Ambiente e Territorio) idoneo a superare la preclusione del giudicato cautelare. Con il decreto del 31/03/2015 il Giudice delle Indagini Preliminari di Caltagirone emetteva un nuovo provvedimento di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. della struttura militare in costruzione MUOS, ritenendo la sussistenza indiziaria del reato di abuso edilizio di cui all’art. 181 del codice dei beni culturali e dell’ambiente.

Una delle questioni più interessanti della presente fattispecie attiene al rapporto fra la tutela del paesaggio e dell’ambiente, da una parte, e la tutela della salute, dall’altra.

Suscita non poco stupore la visione dell’Avvocatura di Stato, in rappresentanza del Ministero della difesa, sulla vicenda MUOS.
E’ bene ricordare che l’Avvocatura di Stato è l’organo legale dello Stato al quale sono assegnati compiti di consulenza giuridica e di difesa delle Amministrazioni Statali in tutti i giudizi civili, penali e amministrativi. Il tutto al fine di garantire e tutelare l’interesse pubblico e generale.

La difesa dello Stato, dicevo, ha affermato nella memoria difensiva presentata nel giudizio di cassazione in data 4 gennaio 2016 che il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia avrebbe sancito “la piena regolarità urbanistica  dell’opera e la validità dell’autorizzazione paesaggistica, residuando solo accertamenti su eventuali pericoli per la salute umana, del tutto estranei alle esigenze cautelari perseguite con il decreto di sequestro“.

L’Avvocatura, quindi, scinde le questioni di interesse ambientale e paesaggistico da quelle della salute dell’uomo, anche in dispregio dei più elementari principi di salvaguardia sanciti dalla legislazione dell’Unione Europea (in forza della quale uno Stato membro può invocare una specifica clausola di salvaguardia per vietare determinare attività sul proprio territorio sulla base di possibili timori scientificamente fondati sulla salute e sull’ambiente).

Sulla questione la Corte di Cassazione ha “bacchettato” duramente l’Avvocatura affermando che “non ha alcuna rilevanza la sentenza non definitiva del C.G.A. Sicilia che non solo non ha affermato la illegittimità del provvedimento di revoca delle revoche, ma ha disposto ulteriori accertamenti sui pericoli che non sono certamente estranei ai valori tutelati dalle norme in materia paesaggistica e ambientale. Va ricordato al riguardo che l’ambiente non costituisce solo un valore estetico da salvaguardare nella sua staticità, ma luogo nel quale l’uomo esprime la propria personalità individuale e sociale senza pregiudizio per la salute, elevata a diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività“.

Oltre a ciò, l’Avvocatura di Stato, in rappresentanza del Ministero della difesa, nel ricorso in cassazione per la revoca del sequestro, ha sostenuto:

— (con il primo motivo) che l’originaria iscrizione nelle notizie di reato, risalente al 2011 (proc. nr. 1564/2012 rgnr), era differente rispetto all’ulteriore contestazione (proc. nr. 539/2014 rgnr), dalla quale sarebbero risultati diversi sia i presunti autori, sia il fatto contestato (la protrazione dei lavori nonostante la sentenza del tar che aveva sancito la natura abusiva). Per tale motivo, le contestazioni mosse erano successive alla modifica legislativa (entrata in vigore il 13/09/2013) sulle competenze degli uffici giudiziari e il G.i.p. competente ad emettere la misura cautelare reale sarebbe dovuto essere quello di Gela e non di Caltagirone, assorbito dal primo.

— (con il secondo motivo) la violazione dell’art. 321 c.p.p. perché non sarebbe presente il presupposto dei gravi indizi di colpevolezza.

La Corte di Cassazione, respingendo l’eccezioni dell’Avvocatura, ha avuto modo di precisare che:

— il fatto oggetto della notizia di reato, relativa al procedimento iscritto nel 2011, è rimasto sostanzialmente identico, a prescindere dalla circostanza che ulteriori soggetti, anche con condotte successive al 13/09/2013 e indipendenti, abbiano potuto contribuire alla realizzazione del fatto, così come all’atto della originaria iscrizione delineato. Tale fatto è la realizzazione abusiva del MUOS in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Più in particolare, il PM – sostiene la Corte – ha sempre coltivato la tesi della macroscopica illegittimità iniziale degli atti autorizzatori. Illegittimità confermata dalla revoca delle stesse e dalla invalidità del procedimento di revoca della revoca, che ha confermato che quel “fatto nuovo”  non ha comportato una notizia di reato nuova. Infatti, seppur con modifiche che sono fisiologiche della fase delle indagini preliminari, la base fattuale della notizia di reato è rimasta identica, a prescindere dalla circostanza che ulteriori soggetti abbiano contribuito con ulteriori condotte alla consumazione del reato iniziale. Per tali motivi la competenza del Gip di Caltagirone, per ipotesi di reato iniziate e iscritte in epoca antecedente al 13 settembre 2013,  è corretta e legittima.

— Il secondo motivo del ricorso è totalmente infondato perché il sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti sussistere in concreto (i c.d. sufficienti indizi di reato), indipendentemente dall’accertamento della esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’agente, ovvero della sussistenza dell’elemento psicologico. Tali verifiche, infatti, sono estranee all’adozione della misura cautelare.

La Corte di Cassazione, quindi, ha avuto modo di precisare che il fatto oggetto di indagini è materia fluida, magmatica, che prende forma e muta secondo le dinamiche investigative. E così mutamenti della qualificazione giuridica del fatto, il suo diverso atteggiarsi nella realtà come accertata di momento in momento, la progressiva individuazione dei presunti autori, dei correi o di diverse persone dalle prime, comportano l’aggiornamento della iscrizione iniziale, senza la necessità di procedere a nuove iscrizioni di altrettanti procedimenti (art. 335 c. 2 , c.p.p.).

La lunga e travagliata vicenda del MUOS prosegue. Ma oggi con un rinnovato spirito di fiducia e, soprattutto, di speranza in un futuro più roseo e giusto.


 

  • normativa di riferimento

Il Sequestro preventivo applicato al MUOS

Art. 321 c.p.p.

1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato [253 1] possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato [262 3] (1). Prima dell’esercizio dell’azione penale [405] provvede il giudice per le indagini preliminari.
2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca[c.p. 240] (2) (3).
2 bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca.
3. Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.
3 bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito [386]. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria.
3 ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3 bis ovvero se il giudice non emette l’ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.

Nota:
(1) Si considera implicito il presupposto però indispensabile che attiene al c.d. fumus delicti inteso in senso oggettivo ovvero l’esigenza che sia accertata la sussistenza di leementi idonei a suffragare la configurabilità in concreto della fattispecie di reato ipotizzata.

 

Codice dei beni culturali e dell’ambiente – Parte IV – Sanzioni
Decreto legislativo, 22/01/2004 n° 42.

Articolo 181.
(Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa)

1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall’Articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
1-bis. La pena e’ della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1:

a) ricadano su immobili od aree che [, ai sensi dell’articolo 136,] per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;
b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi.
1-ter. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative [ripristinatorie o] pecuniarie di cui all’articolo 167, qualora l’autorita’ amministrativa competente accerti la compatibilita’ paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformita’ dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l’impiego di materiali in difformita’ dall’autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
1-quater. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all’autorita’ preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilita’ paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorita’ competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.

1-quinquies. La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici’ da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorita’ amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1

2. Con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Copia della sentenza è trasmessa alla regione ed al comune nel cui territorio è stata commessa la violazione.

 

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