maltrattamenti e abuso mezzi di correzione

maltrattamenti e abuso mezzi di correzione

1. Premesse. Insegnare è toccare una vita per sempre.

Giuro che sarò fedele al Re ed ai suoi Reali successori; che osserverò lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato; che non appartengo e non apparterrò ad associazioni o partiti la cui attività non si concili con i doveri del mio ufficio; che adempirò ai doveri stessi con diligenza e con zelo, ispirando la mia azione al fine di educare i fanciulli affidatimi al culto della Patria ed all’ossequio alle istituzioni dello Stato“.

Questo era il giuramento previsto dal Regio decreto del 1928, che doveva precedere l’insediamento di ogni insegnante.

Tale R.D. prevedeva, inoltre, il divieto di abuso dei mezzi di correzione da parte di un insegnante, mediante l’uso di sanzioni corporali, ma anche di qualunque condotta di coartazione fisica o morale che rendeva dolorose e mortificanti le relazioni tra l’insegnante e la classe o i singoli discenti attuata consapevolmente, fosse anche per finalità educative astrattamente accettabili.

Il concetto di educazione, è sempre un tema caldo, e pregno di contenuti sui quali sovente ci si trova a discutere, e i profili implicati in tali discussioni spesso travalicano quello che in realtà dovrebbe essere il punto focale sul quale porre l’attenzione: la tutela dei soggetti, il più delle volte minori, coinvolti.

Sempre con maggiore frequenza la cronaca riporta il fenomeno dei maltrattamenti perpetrati all’interno di istituti scolastici, e le ricadute che questi hanno sulla crescita psicologica dei soggetti coinvolti.

Tra l’atro, il nostro studio legale si trova attualmente impegnato nella difesa di diversi minori, persone offese e danneggiate per i maltrattamenti e abusi subiti dalle maestre della scuola elementare di Partinico (v. gdsRepubblica).

Partendo da un dato di matrice pedagogica, viene escluso che le umiliazioni o sofferenze, fisiche o psicologiche, inflitte ad un soggetto minore possano sortire un qualche effetto positivo; e del resto il riconoscimento, sul piano sia nazionale che internazionale, del minore quale soggetto di diritti la cui personalità impone un’effettiva tutela, difficilmente risulta compatibile con il riconoscimento di uno ius corrigendi dai contenuti afflittivi.

2. I maltrattamenti e l’abuso mezzi di correzione o di disciplina.

L’art. 572 c.p., rubricato “Maltrattamenti contro familiari e conviventi”, disciplina espressamente la fattispecie delineata, affermando che: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni”.

Le perplessità che gravitano intorno alla disciplina sono incentrate sulla distinzione tra l’articolo sopra esposto e l’art 571 c.p. rubricato “Abuso di mezzi di correzione o di disciplina” in forza del quale: “Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina  in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi. Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni“.

La problematica di fondo viene risolta efficacemente e in svariate occasioni dalla suprema Corte di Cassazione, la quale impedisce di ravvisare l’ipotesi di cui all’art. 571, qualora la condotta venga reiterata nel tempo andando a costituire un regolare modus operandi e anche, qualora il soggetto agente dichiari di aver agito per intento educativo e correttivo.

Invero, affinché possa configurarsi il reato di abuso dei mezzi di correzione in luogo del reato di maltrattamenti, la risposta educativa dell’istituzione scolastica deve essere sempre proporzionata alla gravità del comportamento deviante dell’alunno e, in ogni caso, non può mai consistere in trattamenti lesivi dell’incolumità fisica o afflittivi della personalità del minore (Cass. Sez. 6 del 14/06/2012, n. 34492).

“Il termine correzione va infatti assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo e non può ritenersi tale l’uso abituale della violenza a scopi educativi, sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignità delle persone, anche del minore, ormai soggetto titolare di specifici diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione, sia perché non può perseguirsi quale meta educativa lo sviluppo armonico della personalità usando un mezzo violento che tale fine contraddice, conseguendo da ciò che l’eccesso di mezzi di correzione violenti concretizza il reato di maltrattamenti di cui all’art. 572 c.p., e non rientra nella fattispecie di cui all’art. 571 c.p., neppure ove sostenuto da animus corrigendi, poiché l’intenzione soggettiva non è idonea a far rientrare nella fattispecie meno grave una condotta oggettiva di abituali maltrattamenti, consistenti, in rimproveri anche per futili motivi, offese e minacce, violenze fisiche” (v. Cassazione penale, sez. VI, 05/10/2016,  n. 48703).

Per quanto concerne i profili procedurali, giova ricordare che in tema di valutazione di una pluralità di prove testimoniali concernenti un medesimo fatto, la valenza probatoria delle dichiarazioni non è compromessa dal fatto che una o più circostanze siano riferite da alcuni testimoni e non da altri, se non a condizione che sia rigorosamente dimostrato che tutte le fonti orali, presenti in “loco criminis”, abbiano avuto la completa percezione del fatto nella interezza di tutti i segmenti dell’azione delittuosa (Sez. 1, n. 34473 del 27/05/2015, P.C. in proc. Bottigliero e altro). Va infatti al proposito rilevato che le dichiarazioni di un teste oculare possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di un fatto, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto.

L’art. 572 c.p. viene poi integrato, soprattutto nelle ipotesi di cui trattasi, dalle aggravanti ex art. 61, e, in particolare, al numero 9: “l’aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto”.  E’ il caso specifico dei maltrattamenti perpetrati da insegnanti;
il numero 11  ter: “l’aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione” che delinea spazialmente l’ambito di operatività della circostanza aggravante, circoscrivendola tra le mura scolastiche”;
il numero 11 quinquiesl’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la libertà personale nonché nel delitto di cui all’articolo 572, commesso il fatto in danno o di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza”.
Il meccanismo prevede la possibilità, per ognuna di queste aggravanti, di aumentare la pena sino a 1/3 andando così a calibrare la risposta sanzionatoria alla specifica gravità della condotto posta in essere dal soggetto agente e provocando un considerevole innalzamento della pena concretamente irrogata.

3. Il ruolo dell’insegnante nelle scuole materne ed elementari.

A prescindere dai profili penali, sarebbe necessaria una maggiore presa di coscienza circa l’essenza del difficile ruolo dell’insegnante, soprattutto quello svolto presso scuole elementari e materne, cercando di dare un maggiore supporto, anche psicologico, alla categoria, andando a ricercare, e cercando di evitare che l’eccessivo stress del corpo docenti possa sfociare in comportamenti che poco hanno a che fare con le finalità educative. La prevenzione, anche in questo settore, sarebbe raccomandabile dati i profili e gli interessi in gioco.

Il presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori ha affermato che: «urge un nuovo patto d’intesa tra famiglia e scuola, un patto che riavvicini le parti, e serve soprattutto che il Ministero dell’Istruzione finalmente capisca che quello del docente è un mestiere emotivamente usurante, per cui occorre sottoporre a una periodica visita psicologica gli insegnanti. Ciò non deve essere letto come una manifestazione di mancanza di fiducia verso una categoria che annovera a gran maggioranza docenti degnissimi, ma come la maniera più efficace per stanare chi non è idoneo e togliere la cancrena che si annida in troppe aule».

 

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