30 Nov La liquidazione del danno biologico
I criteri di liquidazione del danno biologico, di natura temporanea o permanente, per le lesioni micropermanenti e le macropermanenti.
a) danno biologico di natura temporanea
Per i danni alla salute (temporanei o permanenti, macrolesioni o microlesioni) sussistono criteri diversificati per la quantificazione degli stessi, connessi all’origine e causa delle lesioni.
Infatti, se l’invalidità è eziologicamente connessa ad un sinistro stradale o ad un’ipotesi di responsabilità medica si applicano gli artt. 138 e 139 Cod. Ass. (v. anche art. 3 L. n. 189/2012).
In tutti gli altri casi, invece, vengono adottati prevalentemente le tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale redatte dal Tribunale di Milano e, più di raro, quelle del Tribunale di Roma.
Per quanto riguarda le lesioni temporanee l’art. 138, lett. b), c. I°, Cod. Ass., unitamente al decreto del Ministero dello sviluppo economico (del 19.07.2016), ha determinato l’importo previsto, per ogni giorno di invalidità assoluta, di € 46,10.
Invece, la Tabella di Milano prevede un importo che può oscillare fra i € 96,00 e gli € 145,00, mentre quella di Roma stabilisce un importo fisso pari ad € 107,80 (sempre per ogni giorno di invalidità).
Ad ogni modo, ovviamente, in caso di inabilità temporanea inferiore al cento per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno.
b) danno biologico di natura permanente
Per il danno biologico di natura permanente è necessario distinguere tra lesioni micropermanenti e lesioni macropermanenti; nonché, ulteriormente, tra micropermaneti conseguenti (o meno) ad un sinistro stradale o a una situazione di c.d. malpractice medica.
Infatti, anche con riferimento alle c.d. microlesioni i criteri fissati per i danni causati da incidenti stradali o colpa medica sono differenti (e meno favorevoli per la persona offesa), rispetto ai danni derivanti da altre condotte illecite.
Infatti, nel primo caso si parte dalla somma base di € 790,35 per il primo punto di invalidità, che viene aumentato, per ogni ulteriore punto percentuale di invalidità (fino a 9), attraverso l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore (da 1,1 a 2,7).
L’importo così determinato verrà poi ridotto con il crescere dell’età del soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età, a partire dall’undicesimo anno di età.
Nelle altre situazioni, invece, si potranno applicare le Tabelle di Milano e di Roma, che partono da un valore base – per il primo punto di invalidità – rispettivamente di € 1.460,00 (Milano) e di
€ 826,97 (Roma).
Per fare degli esempi pratici che possano far percepire la differenza dei criteri, se immaginiamo un sinistro che ha causato una invalidità del 9% nei confronti di un bambino di 10, di un ragazzo di 30 e di un uomo di 60, avremo i seguenti risultati:
€ 11.183,87 per sinistri stradali e colpa medica – età 10;
€ 10.065,48 per sinistri stradali e colpa medica – età 30;
€ 8.387,90 per sinistri stradali e colpa medica – età 60;
€ 21.967 per altre lesioni (tabella di Milano) – età 10;
€ 19.667 per altre lesioni (tabella di Milano) – età 30;
€ 16.217 per altre lesioni (tabella di Milano) – età 60;
€ 17.516,35 per altre lesioni (tabella di Roma) – età 10;
€ 15.764,72 per altre lesioni (tabella di Roma) – età 30;
€ 13.137,26 per altre lesioni (tabella di Roma) – età 60.
Tale differenzazione, in passato, ha portato a indirizzi giurisprudenziali contrastanti. Infatti, una parte dei giudici di merito applicava i criteri di cui all’art. 139 Cod. Ass. e dei Decreti Ministeriali nei soli casi espressamente previsti, mentre vi era un altro orientamento che, mosso dal fine di evitare disparità di trattamento, faceva uso della richiamata normativa anche in tutti gli altri casi.
Questa disputa è stata superata con la sentenza della Corte Costituzionale n. 235 del 16.10.2014 che ha ritenuto infondata la questione di costituzionalità sollevato con riferimento all’art. 139 c.a., ritenendo conforme a costituzione la previsione di un regime differenziato per alcuni settori previsti ex lege.
“L’introdotto meccanismo standard di quantificazione del danno – attinente al solo specifico e limitato settore delle lesioni di lieve entità e coerentemente riferito alle conseguenze pregiudizievoli registrate dalla scienza medica in relazione ai primi (nove) gradi della tabella – lascia, comunque, spazio al giudice per personalizzare l’importo risarcitorio, risultante dall’applicazione delle suddette predisposte tabelle, eventualmente maggiorandolo fino ad un quinto, in considerazione delle condizioni soggettive del danneggiato”.
Concludendo, in tema di danno biologico, è precluso il ricorso in via analogica al criterio di liquidazione del danno non patrimoniale da micropermanente derivante dalla circolazione di veicoli a motore e natanti ovvero mediante il rinvio al decreto emanato annualmente dal ministro delle attività produttive; è congruo, invece, il riferimento ai valori inclusi nella tabella elaborata, ai fini della liquidazione del danno alla persona, dal tribunale di Milano, in quanto assunti come valore “equo”, in grado di garantire la parità di trattamento in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o a ridurne l’entità (v. Tribunale Monza, 04/05/2016, n. 1212 – Tribunale Bari, sez. II, 01/03/2016, n. 1161).
c) I criteri di liquidazione del danno secondo la giurisprudenza
I giudici di legittimità, per quanto attiene alla quantificazione del danno biologico, ritengono costantemente applicabili le note tabelle elaborate dal Tribunale di Milano – comunemente adottate per la liquidazione equitativa ex art. 1226-2056 c.c. del danno non patrimoniale derivante dalla lesione dell’integrità psico/fisica – che rappresentano un criterio di liquidazione condiviso e applicabile sull’intero territorio nazionale in assenza di un diverso criterio legale per la liquidazione del danno alla persona.
Sotto quest’ultimo aspetto, la Suprema Corte, ha affermato che: “nella liquidazione del danno non patrimoniale non è consentito, in mancanza di criteri stabiliti dalla legge, il ricorso ad una liquidazione equitativa pura, non fondata su criteri obiettivi, i soli idonei a valorizzare le singole variabili del caso concreto e a consentire la verifica “ex post” del ragionamento seguito dal giudice in ordine all’apprezzamento della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo, dovendosi ritenere preferibile, per garantire l’adeguata valutazione del caso concreto e l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, l’adozione del criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, al quale la S.C. riconosce la valenza, in linea generale e nel rispetto dell’art. 3 Cost., di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salva l’emersione di concrete circostanze che ne giustifichino l’abbandono” (v. Cassazione civile, sez. III, 15/10/2015, n. 20895).
Inoltre, nella determinazione del quantum per i danni alla salute subiti, è necessario sempre procedere ad un approccio c.d. individualizzante e specifico.
Infatti, la relativa liquidazione va distinta concettualmente in due fasi; la prima, volta a individuare le conseguenze “ordinarie” inerenti al pregiudizio, cioè quelle che qualunque vittima di lesioni analoghe subirebbe; la seconda, le eventuali conseguenze “peculiari”, cioè quelle che non sono immancabili, ma che si sono verificate nel caso specifico. Le prime vanno monetizzate con un criterio uniforme; le seconde con criterio ad hoc scevro da automatismi (v. Cassazione civile, sez. III, 13/08/2015, n. 16788).
Infine, è opportuno riportare altre due massime che completano il quadro dei principi e criteri fondamentali di liquidazione del danno alla salute:
“In tema di danno non patrimoniale, qualora il giudice, nel soddisfare esigenze di uniformità di trattamento su base nazionale, proceda alla liquidazione equitativa in applicazione delle “tabelle” predisposte dal Tribunale di Milano, nell’effettuare la necessaria personalizzazione di esso, in base alle circostanze del caso concreto, può superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti dalle dette tabelle solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in astratto in base all’oscillazione ipotizzabile in ragione delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l’id quod plerumque accidit, dando adeguatamente conto in motivazione di tali circostanze e di come esse siano state considerate” (v.Cassazione civile, sez. III, 23/02/2016, n. 3505).
“Nella liquidazione del danno non patrimoniale, l’applicazione di criteri diversi da quelli risultanti dalle tabelle predisposte dal tribunale di Milano può essere fatta valere in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, soltanto quando in grado di appello il ricorrente si sia specificamente doluto della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle milanesi ed abbia altresì versato in atti dette tabelle. (Nella specie la S.C. ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso avverso la pronuncia sulla liquidazione del danno non patrimoniale proposto dalla parte che non lo aveva sollevato nel giudizio d’appello, né aveva depositato in quel grado di giudizio le tabelle milanesi)” (v. Cassazione civile, sez. III, 08/01/2016, n. 126).
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