Irap dei professionisti

L’Irap e il requisito dell’autonoma organizzazione.
La recente sentenza delle Sezioni Unite.

L’Imposta regionale sulle attività produttive è stata introdotta nel nostro paese con il decreto legislativo n.446 del 1997. Circa il 90% del gettito ottenuto dall’IRAP è attribuito alle Regioni con l’obiettivo di finanziare il Fondo Sanitario Nazionale. Oggi l’aliquota base è stabilita al 3,9% sul valore della produzione netta.

Il presupposto dell’imposta, il cui periodo coincide con quello valevole ai fini delle imposte sui redditi, è l’esercizio abituale, nel territorio delle regioni, di attività autonomamente organizzate dirette alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
I soggetti passivi dell’imposta, quindi, possono essere gli esercenti un’attivita’ imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione.

E’ opportuno precisare che l’IRAP non opera un’indebita equiparazione dei redditi di lavoro autonomo a quelli di impresa, essendo un’imposta volta ad incidere su di un fatto economico diverso dal reddito, ossia sul valore aggiunto prodotto dalle singole unità organizzative che, ove sussistente, costituisce un indice di capacità contributiva capace di giustificare l’imposizione sia nei confronti delle imprese che dei lavoratori autonomi (v. sent. n.156/2001 Corte Costituzionale).

La recente sentenza delle Sezioni Uniti (sentenza n.9451 del 10 maggio 2016) si è occupata della dibattuta questione delle situazioni in cui l’IRAP non dovrebbe essere applicata ai professionisti e, in particolare, dei presupposti in presenza dei quali non ricorrerebbe l’autonoma organizzaizione.

La Suprema Corte – con un assunto che invero non modifica l’orientamento maggioritario già espresso in precedenza –  ha avuto modo di affermare che il presupposto dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione o si avvalga, non occasionalmente, del lavoro altrui per mansioni non meramente esecutive/di segreteria, ovvero si avvalga di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni esecutive o di segreteria.

Da tale principio discende che l’automatica sottoposizione ad IRAP del lavoratore autonomo che disponga di un dipendente, qualsiasi sia la natura del rapporto e qualsiasi siano le mansioni esercitate, vanificherebbe l’affermazione di principio desunta dalla lettera della legge. Il giudice di merito, quindi, deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito (si tratta di un giudizio di fatto se nel caso concreto, per le specifiche modalità qualitative e quantitative delle prestazioni lavorative di cui il professionista si avvale, le stesse debbano giudicarsi eccedenti il minimo indispensabile).

Infatti la Cassazione ha osservato che, in linea astratta, non può affermarsi che l’apporto fornito all’attività di un professionista dall’utilizzo di ordinarie prestazioni ausiliarie – come quelle di un segretario o di un inserviente – costituisca di per se stesso, a prescindere da qualunque analisi qualitativa e quantitativa di tali prestazioni, un indice indefettibile della presenza di una autonoma organizzazione; si deve, al contrario, ritenere che l’apporto di un collaboratore che apra la porta o risponda al telefono, mentre il medico visita il paziente o l’avvocato riceve il cliente, rientri, solitamente, nel minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale.

Lascia un commento