Il Diritto all’informazione e il dovere di verità

La deontologia del giornalista

Le norme che regolano il comportamento del giornalista sono in gran parte contenute nel D.Lgs. n. 196/2003 (Codice della Privacy), nel nuovo Testo Unico dei doveri del giornalista e dalla l. n. 69/1963 sull’Ordinamento della professione di giornalista.

Le norme sull’attività dei giornalisti in tema di libertà di informazione e di critica (che derivano dalla libertà di espressione sancita dalla Costituzione italiana) asseriscono che:
«È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede».

Inoltre, con riferimento ai fondamentali principi deontologici, il giornalista:

  1. difende il diritto all’informazione e la libertà di opinione di ogni persona; per questo ricerca, raccoglie, elabora e diffonde con la maggiore accuratezza possibile ogni dato o notizia di pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti;
  2. rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia;
  3. tutela la dignità del lavoro giornalistico e promuove la solidarietà fra colleghi attivandosi affinché la prestazione di ogni iscritto sia equamente retribuita;
  4. accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla deontologia professionale;
  5. non aderisce ad associazioni segrete o comunque in contrasto con l’articolo 18 della Costituzione né accetta privilegi, favori, incarichi, premi sotto qualsiasi forma (pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, regali, vacanze e viaggi gratuiti) che possano condizionare la sua autonomia e la sua credibilità;
  6. rispetta il prestigio e il decoro dell’Ordine e delle sue istituzioni e osserva le norme contenute nel Testo unico;
  7. applica i principi deontologici nell’uso di tutti gli strumenti di comunicazione, compresi i social network;
  8. cura l’aggiornamento professionale secondo gli obblighi della formazione continua.

Il dovere più pregnante del giornalista e caposaldo del diritto di cronaca è il dovere di verità, considerato quale “obbligo inderogabile”. Gli organi di informazione sono l’anello di congiunzione tra il fatto e la collettività. Essi consentono alla collettività l’esercizio di quella sovranità che secondo l’art. 1 Cost. “appartiene al popolo”.
Un’informazione che non sia occulta o distorce la realtà dei fatti, permetterà alla collettività un consapevole esercizio della sovranità.

In più punti il Testo Unico dei Doveri pone l’accento su quelli che, al pari del dovere di verità, vanno considerati valori etici assolutamente inderogabili: l’autonomia e la credibilità del giornalista.
L’autonomia del giornalista serve a garantire l’obiettività dell’informazione. L’informazione obiettiva serve unicamente la collettività, ossia persegue un interesse generale. Il dovere di autonomia vuole impedire che la funzione giornalistica venga subordinata ad interessi particolari.

E’ evidente, quindi, che particolari rapporti del giornalista con soggetti interessati ad una informazione compiacente sono visti come il fumo negli occhi.
Tuttavia, non basta qualsiasi tipo di contatto a gettare un’ombra sulla professionalità del giornalista. Anzi, rapporti con i più disparati ambienti sono indispensabili per poter acquisire le notizie e garantire un’informazione precisa, dettagliata.

La Carta dei Doveri vuole stigmatizzare non tanto il rapporto, quanto quegli elementi presenti in esso che indicano uno stato di sudditanza del giornalista o un interesse in conflitto con il dovere di verità. Insomma, casi il cui verificarsi ingenera quantomeno il dubbio sulla reale capacità o volontà del giornalista di dare vita ad un’informazione obiettiva. Casi difficilmente preventivabili.

Ma il Testo Unico dei Doveri tenta una “tipizzazione” di quelle situazioni in presenza delle quali si presume che l’autonomia e la credibilità del giornalista vengano meno.
Innanzitutto, stigmatizzando l’adesione del giornalista “ad associazioni segrete o comunque in contrasto con l’articolo 18 della Costituzione” (norma che vieta appunto “le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare”).

Poi, vietandogli di “accettare privilegi, favori o incarichi che possano condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale”, nonché pagamenti, rimborsi spese, vacanze gratuite, regali, inviti a viaggi, facilitazioni, etc. che provengano “da privati o enti pubblici”. Ciò in quanto l’accettazione di questi vantaggi porterebbe il giornalista a sentirsi in debito nei confronti di chi glieli ha procurati, mettendo così ad alto rischio di violazione la norma che gli impone di accettare “indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali della sua testata”.

In generale, la Carta dei Doveri pone l’accento sulla “responsabilità del giornalista verso i cittadini”, specificando che tale responsabilità non può dal giornalista essere subordinata “ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore, del Governo o di altri organismi dello Stato”.

Il giornalista deve avere una relazione esclusiva, diretta e immediata con la collettività. E’ un dovere strumentale allo stesso dovere di verità, poiché l’asservimento della funzione giornalistica all’interesse “particolare”, per definizione diverso da quello generale, costringe il giornalista a modulare l’informazione.

Strettamente collegate all’esigenza di autonomia e di credibilità del giornalista sono quelle norme che lo vogliono estraneo ad iniziative di carattere pubblicitario. Innanzitutto, sottolineando il diritto dei cittadini “di ricevere un’informazione corretta, sempre distinta dai messaggi pubblicitari”. La norma è la diretta conseguenza di quanto stabilito dal D.Lgs. 25 gennaio 1992 n. 74, attuativo delle direttive europee in materia di pubblicità ingannevole. In particolare, l’art. 1, comma 2°, stabilisce che “La pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta”; e l’art. 4, comma 1°, la vuole “chiaramente riconoscibile come tale” e, con specifico riferimento alla pubblicità a mezzo stampa, “distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione”. In pratica, va scongiurato il rischio di commistione tra pubblicità e informazione.

L’autonomia e la credibilità del giornalista è tutelata anche attraverso norme che gli impediscono di fare da testimonial, sul presupposto che l’asservimento, anche estemporaneo, del giornalista ad interessi privati non può mai conciliarsi con la sua autonomia. La Carta dei doveri gli vieta di “prestare il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell’autonomia professionale”, consentendogli di partecipare (ma solo “a titolo gratuito”) ad “iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali e comunque prive di carattere speculativo”.

 

— fonte: “difesa dell’informazione”.

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