Imu e conviventi more uxorio

Imu e separazione dei conviventi more uxorio.
Il presupposto dell’imposta e l’assegnazione della casa al casa al convivente.

Il presupposto per l’applicazione dell’IMU è il medesimo di quello previsto dall’ICI. Il comma 2, art. 13, D.L. n. 201/2011 prevede, infatti, che “l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504”.

Il Legislatore si è premurato di disciplinare il presupposto impositivo nell’ipotesi di scioglimento del vincolo matrimoniale, prevendo che ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale sugli immobili è soggetto passivo del tributo, il coniuge a cui viene assegnata la casa coniugale con provvedimento giurisdizionale.

Segnatamente, l’art. 4, comma 12 quinquies, D.L. n. 16/2012, dispone che “ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale propria di cui all’art. 8 del D. Lgs. n. 23/2011, nonché all’art. 13 del D. L. n. 201/2011, convertito con L. n. 214/2011, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione”.

A seguito di tale intervento normativo pertanto il legislatore ha sancito la traslazione della soggettività passiva dell’IMU dal proprietario all’assegnatario dell’alloggio. Ciò comporta in termini pratici che l’imposizione ricade in capo all’utilizzatore con liberazione del pagamento da parte del coniuge non assegnatario anche se quest’ultimo è proprietario dell’intero immobile.

È evidente, però, che una norma così siffatta presenta una lacuna con riferimento ai conviventi “more uxorio” che decidono di sciogliere il proprio vincolo e ciò anche alla luce dei recenti interventi legislativi (v. “Legge Cirinnà”) e giurisprudenziali, che mirano ad una sempre più equiparazione tra le due formazioni sociali.

La giurisprudenza tributaria di merito ha, però, escluso che l’art. 4, comma 12 quinquies, D.L. n. 16/2012, possa ricomprendere anche l’ipotesi dei conviventi “more uxorio” che abbiano regolato la loro separazione ed i loro rapporti giuridico – patrimoniali con un provvedimento giurisdizionale, considerando la norma citata come norma speciale non soggetta ad interpretazione estensiva.

Appare, però, opportuno specificare che le norme speciali tributarie sono quelle norme che prevedono esenzioni totali o parziali dal pagamento di un tributo e che per tale ragione sono sottratte ad interpretazioni estensive, giacché una esenzione dall’obbligazione tributaria può essere disposta solo ex lege.

La norma di esenzione totale o parziale da una debenza tributaria, poiché configura una deroga sostanziale rispetto al principio generale posto dalla legge ordinaria ha natura speciale ed è pertanto di stretta interpretazione; ne consegue che essa non può trovare applicazione al di fuori delle ipotesi specificamente e tassativamente indicate dalla normativa di riferimento atteso il divieto non solo di interpretazione analogica a cui sostanzialmente di perverrebbe in caso contrario, ma anche di interpretazione estensiva ex art, 14 delle disp. prel. c.c. con riferimento alla legge speciale” (Cass. sent. n. 10646/2005).

L’art. 4, comma 12 quinquies, D.L. n. 16/2012 si limita, invece, a specificare il presupposto soggettivo dell’Imposta Municipale Unica, non disponendo eventuali esenzioni. Conseguentemente, la norma in commento non può essere considerata norma speciale.

Una soluzione di segno opposto sarebbe in violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione, finendo per trattare in maniera diseguale delle formazioni sociali, le famiglie di fatto ovvero i conviventi more uxorio, che sono ormai equiparate alle famiglie fondate sul matrimonio.

Sempre il Legislatore, con la risoluzione 18 maggio 2012, n. 3/DF del Dipartimento delle finanze ha fornito chiarimenti in tema di IMU con particolare riguardo all’assegnazione della casa coniugale al coniuge non titolare di diritti reali: “Il comma 12-quinquies dell’art. 4 del D. L. n. 16 del 2012, stabilisce che ai soli fini dell’applicazione dell’IMU <<l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione>>. Tale norma introduce una novità nel panorama dell’IMU, poiché prevedendo che l’assegnazione della ex casa coniugale fa sorgere in ogni caso un diritto di abitazione nei confronti del coniuge assegnatario della stessa, ne riconosce la soggettività passiva in via esclusiva

In altri termini, ai soli fini IMU è previsto che l’assegnazione della casa coniugale al coniuge non titolare di diritti reali sulla stessa, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata esclusivamente a titolo di diritto di abitazione.

Da tale punto di vista rimangono, però, privi di tutela i conviventi more uxorio, che da ultimo hanno ricevuto una parziale disciplina dal combinato disposto dell’articolo 337 bis c.c., così come inserito dal Decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, il quale testualmente recita: “in caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo” e dal successivo articolo 337 sexies c.c., dal titolo “Assegnazione della casa familiare e prescrizione in tema di residenza” il quale afferma che “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643”.
Sulla base di tale normativa civilistica si può affermare che, analogamente a quanto avviene per la famiglia basata sul matrimonio, nel caso di cessazione di una famiglia di fatto nella quale vi sia la presenza di figli nati dalla convivenza, la casa familiare può essere assegnata dal giudice al genitore con il quale vivranno i figli.

In altre parole, anche per ciò che concerne la destinazione della casa familiare, vi è una totale equiparazione tra figli nati da un matrimonio e figli nati da una convivenza di fatto in quanto il giudice può riconoscere il diritto di abitazione della casa familiare a favore dei figli nati da una famiglia di fatto anche se poi di tale diritto ne beneficerà il genitore che continuerà a vivere con i figli.

Ai fini impositivi, pertanto, può affermarsi che la costituzione con sentenza del diritto di abitazione in capo al genitore affidatario dei figli ed assegnatario della casa familiare comporta che, anche per la famiglia di fatto, il soggetto passivo diventi il genitore assegnatario, anche se quest’ultimo non fosse comproprietario, con conseguente liberazione del genitore proprietario ma non assegnatario dell’immobile (in senso conforme cfr. interpello n. 2/2015 del Comune di Roma interrogato su un caso analogo).

La famiglia di fatto, infatti, rappresenta una formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare ed è, come tale, destinataria di diritti e doveri, al pari della famiglia nata dal matrimonio.

In via esemplificativa nell’ambito del diritto civile: la possibilità di accedere alla procreazione assistita, la potestà genitoriale nei confronti dei figli, la possibilità di chiedere la nomina di un amministratore di sostegno per il convivente, la successione nel contratto di locazione in caso di morte del convivente intestatario del contratto, l’adozione del minore. Sul piano penale: il diritto di astensione dal testimoniare contro il convivente imputato, il diritto al risarcimento del danno a seguito di decesso del convivente per fatto illecito, la tutela contro la violenza “domestica”. Sul piano assistenziale: il diritto alla pensione di reversibilità, l’assegnazione di alloggi popolari.

La parificazione tra coniugi e conviventi more uxorio trova oggi il suo fondamento legislativo nella legge Cirinnà in cui si legge espressamente, all’art. 1, comma 36, che per “conviventi di fatto” si intendono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale; che sono soggette all’obbligo di coabitazione, alla contribuzione economica in relazione alle proprie capacità di lavoro professionale o casalingo, alla definizione di comune accordo dell’indirizzo della vita familiare e della residenza ed alla scelta del regime patrimoniale, in mancanza di diversa convenzione tra le parti, della comunione dei beni.

La “famiglia di fatto” si identifica con una “formazione sociale” ai sensi dell’art. 2 della Costituzione, secondo cui “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”, essendo pertanto giuridicamente meritevole di riconoscimento e di tutela.

Premesso quanto sopra, è evidente che le norme dell’ordinamento italiano non potranno contrastare con i progressi normativi e giurisprudenziali degli ultimi anni, che tendono ad una sempre maggiore equiparazione tra coniugi e conviventi “more uxorio” (cfr. sent. Corte cost. n. 237/1986; sent. Corte cost. n. 138/2010; art. 199 c.p.p., artt. 342 bis, 343 ter. e 408 c.c.).

Quindi, alla luce di quanto sin qui dedotto, l’art. 4, comma 12 quinquies D.L. 16/2012 dovrà trovare applicazione anche nel caso di conviventi “more uxorio” che hanno regolato la loro separazione con un provvedimento giurisdizionale che ha disposto l’assegnazione della casa familiare al convivente affidatario, come nel caso di specie.

Ci si auspica, pertanto, in tempi brevi un intervento legislativo chiarificatore in tal senso ovvero giurisprudenziale di natura nomofilattica che serva anche da stimolo per il legislatore italiano.

Commneti - Imu e conviventi more uxorio

  1. Giovanni Renna

    Buongiorno, complimenti l’articolo molto chiaro. Vorrei chiederle se sono intervenute modifiche all’equiparazione delle famiglie di fatto alle coppie sposate nel pagamento dell’IMU da parte del genitore non affidatario. E’ discriminatorio (oltre che incostituzionale come avete accennato) che il genitore non affidatario debba, oltre che rinunciare all’abitazione per disposizione del giudice, sopportare anche il balzello dell’IMU, con la dichiarazione di concessione di uso gratuito ai figli.
    Ma se un certo numero di persone come me volessero far partire una class action, che sicuramente sarebbe molto supportata dalla quantità di genitori nella stessa situazione, dovrebbe rivolgersi a qualche associazione, tipo quelle di tutela dei consumatori, messo che esista qualcosa del genere?
    Grazie mille
    Giovanni Renna

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