Il Referendum costituzionale

Fino all’ultimo, l’istinto di non scrivere è stato forte; il fastidio per come sia stato affrontato il tema del referendum costituzionale, ha sfiancato i buoni propositi di contribuire al confronto e al dibattito.

Mai un voto è stato sottoposto a pressioni così esagitate, improprie e depistanti: più che una campagna referendaria, è sembrata una nobile gara a chi ci tratta meglio da stupidi“.

Ed è questo l’aspetto più problematico che, a prescindere dalla vittoria del SI o del NO, ci dovrebbe fare percepire il senso di una sconfitta, già maturata.
Una sconfitta della classe dirigente e politica, che ha colpevolmente strumentalizzato e trasformato questa consultazione in un’atto di fiducia pro o contro il Governo, pro o contro il Movimento 5 Stelle e gli altri partiti di opposizione, mettendo nello stesso frullatore argomenti di attualità politica, dalla crisi economica-sociale alle problematiche sulla sanità, sul lavoro e sul sistema delle infrastrutture con le importanti e nevralgiche modifiche alla Costituzione; e la maionese è impazzita.
E’ anche una sconfitta della qualità del consenso e della cosciente, consapevole e serena formazione della volontà popolare, sempre più condizionata dalla rabbia, dall’odio e dall’intolleranza delle appartenenze e idee altrui.

Questo, purtroppo, da una parte e dall’altra, rischierà di essere, comunque, un voto di pancia, un voto che non esprimerà la forza di “un cuore intelligente e di una mente desiderante“.

Contro il depistaggio sistematico e rumoroso non resta, in questi due giorni, che tenere bassi i toni e cercare di informare e informarsi.

Prima di esprimersi a favore o contro la riforma costituzionale, è necessario studiarne i contenuti ed avere – contemporaneamente – una buona conoscenza dell’attuale assetto costituzionale. A tal fine, Palermo Legal mette a disposizione dei cittadini, giuristi e non, la carta costituzionale com’è oggi e come potrebbe diventare con le nuove modifiche costituzionali.

Premessa: si vota su una proposta di revisione, o, meglio, di riscrittura di 47 articoli su 139 della Costituzione.

Da cittadino e giurista nutro profonde riserve sull’impianto della riforma. Riserve di metodo e di merito.

1 Il merito.

a) La forma è sostanza.
Un dato ormai diffusamente condiviso (anche fra i fautori del SI) è che “le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie“. Una carente “qualità estetica” del disegno di legge costituzionale, specie negli aspetti più importanti (v. ad es. i nuovi art. 57 e 70 Cost.), che ne mina la fluidità e l’efficacia. La Costituzione repubblicana, invece, ha sempre rappresentato un esempio di “legge chiara, uniforme e precisa”.

b) La confusione sulle funzioni e sulla formazione del nuovo senato.
Il Senato non sarà più elettivo, nel senso che i cittadini non sceglieranno più direttamente i suoi componenti. Sarà infatti composto da 95 consiglieri regionali e sindaci e 5 senatori eletti dal Presidente della Repubblica.

La nuova costituzione a riguardo prevede che: “i Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori” (v. art. 2 rif. cost. sulla modifica dell’art. 57 Cost.).
Inoltre, la durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti.

Quindi senatori part-time e composizione in costante mutamento disomogeneo e sfasato.

Il combinato disposto di queste normative con le nuove funzioni crea una situazione non solo poco chiara ma dalla difficile riuscita pratica. Purtroppo non si registra alcuna semplificazione, anzi, c’è un moltiplicazione dei processi legislativi.

La riforma, infatti, traccia il passaggio dal bicameralismo perfetto ad una forma c.d. imperfetta.
Rimangono comunque molte e anche confuse le competenze in ambito legislativo del nuovo organo. Il Senato manterrà competenze su materie cruciali, come l’attuazione della normativa e delle politiche  dell’Unione Europea e le leggi costituzionali. Lo stesso Senato potrà, inoltre, revisionare e richiedere la modifica di qualsiasi legge approvate dalla camera.

Dove troveranno i nuovi senatori il tempo per svolgere queste importanti funzioni? Come la disomogeneità del nuovo Senato (in cui il vincolo di durata del mandato dei senatori coincide con le elezioni locali, che si svolgono in tutta Italia in periodi temporali differenti) inciderà sul suo funzionamento? Quanti conflitti potrebbe dar vita questa nuova pasticciata ripartizione di competenze fra Camera e Senato?

c) La nuova centralità dello Stato e la c.d. clausola di supremazia.

La riforma del titolo V rovescia la precedente modifica costituzionale del 2001.
Infatti, da  troppo regionalismo si passa a troppo centralismo, con la clausola di supremazia che tronca in partenza qualunque opposizione dei comuni e delle regioni ai grandi interventi disposti sul territorio (dagli inceneritori, alle grandi opere, infrastrutturali o di tipo industriale strategico).

La nuova Costituzione ridimensiona le autonomie locali ed elimina le cosiddette “materie concorrenti” , quelle su cui oggi hanno diritto di intervenire sia lo Stato che le Regioni. Con la riforma la maggior parte di esse diventa di competenza esclusiva dello Stato.

Il nuovo art. 116 cost., purtroppo, è un altro esempio di poca fluidità. Tra le disposizioni si riporta proprio la clausola di supremazia: “su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale“.

d) Le leggi di iniziativa popolare.

Uno degli aspetti positivi della riforma costituzionale sembrerebbe quello per cui, pur aumentando notevolmente il numero di firme necessarie per le proposte di legge a iniziativa popolare, il Parlamento avrebbe il dovere di deliberare sulle proposte dei cittadini.

Anche questo, purtroppo, in teoria, perché il nuovo art. 71 della Costituzione esplicitamente affida ai regolamenti parlamentari il compito di introdurre dei “limiti” al dovere del Parlamento di pronunciarsi sulle proposte di iniziativa popolare. Così si consegna nelle mani della maggioranza parlamentare il compito di decidere quali proposte dei cittadini siano gradite e quali no, escludendo preventivamente un dibattito sulle stesse

2 Il metodo.

Il disegno di legge sulla riforma costituzionale è stato predisposto dal nostro governo. E questa è comunque un’anomalia.

A riguardo, c’è uno scritto di Piero Calamandrei “come nasce la nuova Costituzione” che è stato pubblicato nel gennaio del 1947:  “Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche preparatoria. Quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’Assemblea sovrana”. Tutto il contrario di ciò che è avvenuto con l’iter di formazione e discussione della riforma costituzionale de qua.

Inoltre, “la riforma in realtà non innova ma conserva, e non apre ma chiude un ciclo.  Sigilla – o ambisce a sigillare – il quarantennio dell’attacco neoliberale alle democrazie costituzionali novecentesche, racchiuso tra il rapporto della Trilateral per la “riduzione della complessità” democratica e l’attacco della JP Morgan contro le costituzioni antifasciste dei paesi dell’Europa meridionale” (governi deboli rispetto i Parlamenti e Stati centrali deboli rispetto alle Regioni)
Analoghi riferimenti si ritrovano addirittura nel piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli.


 

Concludendo, quella che ci attende non è una consultazione elettorale come le altre, per questo si doveva fare prevalere le decisioni improntate all’appartenenza politica o alla simpatia per un partito o per una fazione politica. E’ in ballo qualcosa di molto importante: si decide sulla nostra Carta fondamentale.

Se ancora conserviamo l’aspirazione, nonostante tutto, di essere cittadini e non sudditi, se ancora conserviamo la dignità di essere cittadini e non servi inconsapevoli di un potere che non ci appartiene e non ci rappresenta, non possiamo restare indifferenti. Abbiamo il dovere di informarci, riflettere e decidere in modo libero e consapevole  come votare.

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