I rapporti fra il giudicato penale e il processo civile

L’effetto del giudicato penale nel processo civile per la liquidazione dei danni.

In ambito civilistico uno degli argomenti di grande interesse e, contestualmente, di discussione è dato dagli effetti del giudicato penale nel processo civile; e, in particolare, quali siano i poteri del giudice civile nell’accertare un danno derivante da un reato.

Come è noto, il rapporto tra il giudizio penale e civile viene regolato dagli artt. 652 e 654 del codice di procedura penale vigente.
Le norme dispongono che il giudicato penale di condanna o di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza o del fatto o della partecipazione dell’imputato.

Dato che l’accertamento del rapporto causale rientra nella valutazione degli elementi obiettivi e soggettivi che compete al giudice penale, tale esame ha effetto vincolante nel successivo giudizio civile per la liquidazione dei danni.

Invece, la valutazione della colpa dell’autore del reato e di quella eventualmente concorrente della vittima o di un terzo, in sede penale, è fatta con effetto limitato alla proporzionale commisurazione della pena.
Alla base di questo giudizio vengono posti gli elementi costitutivi della responsabilità dell’autore, sicché un nuovo riesame di tali circostanze è consentito in sede civile in modo complementare al giudicato penale ma non in senso contrario allo stesso.

Appare però opportuno evidenziare che in sede penale la sentenza assolutoria che non contenga un effettivo, specifico e concreto accertamento circa l’insussistenza del fatto o l’impossibilità di attribuire questo all’imputato, non preclude un sindacato dell’illecito in sede civile.

Infatti, il medesimo fatto può avere sia valenza penale, in quanto rientra in una fattispecie incriminatrice di reato, che civile, in quanto fonte di un danno dal quale scaturisono conseguenze dannose sotto il profilo patrimoniale.
Conformemente a quanto detto, la recente giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, sez. III, 21 aprile 2016 n. 8035) ha affermato che il giudicato penale di assoluzione ha valore vincolante nel processo civile solo ove il giudice penale abbia concretamente e nello specifico accertato l’insussistenza del fatto o l’impossibilità di imputarlo al soggetto.

Al contrario, là dove l’assoluzione del merito sia stata determinata per l’insufficenza di elementi di prova, resta alla discrezionalità del giudice civile giudicare il medesimo fatto. La Corte ha cosi voluto ribadire che esistono degli spazi di autonomia per il giudice civile in caso di assoluzione nel merito nel giudizio penale. Pertanto, il giudice civile potrà valutare le medesime circostanze per l’esistenza di presupposti per la configurabilità di un illecito civile.
Tale discrezionalità è esercitabile dal giudice civile in forza del principio di autonomia del sistema di responsabilità penale da quello civile.

I due sistemi, infatti, tutelano beni giuridici differenti, svolgendo funzioni differenti: mentre il giudizio civile è strutturato per tutelare delle posizioni giuridicamente protette in ottica ripristinatoria; il processo penale, invece, svolge una funzione sanzionatoria, dando rilievo alla figura dell’imputato.

Ulteriore conferma dell’autonomia tra i due sistemi si può ravvisare analizzando il nesso di causalità ed il criterio della causalità adeguata.
In tema di responsabilità civile il nesso causale è regolato dagli articoli 40 e 41 c.p., i quali prevedono che un evento è da considerarsi causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato senza il secondo. Inoltre, il criterio della causalità adeguata, che da valore esclusivamente a quegli eventi che non risultano altamente inverosimili. Difatti in ambito civile nell’accertare il nesso causale vige la regola del “più probabile che non” rispetto alla regola della prova “oltre ogni irragionevole dubbio” che vige in ambito penale.

Dunque il giudice civile ha l’autonomia di valutare interamente e privo di vincoli il medesimo fatto, partendo dagli elementi di prova acquisiti già in sede penale e ben potendo ripercorrere lo stesso iter argomentativo del giudice penale, giungendo alle medesime conclusioni (v. anche Cassazione n.9508/2007)

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