Il danno non patrimoniale
Il Danno nel mondo del diritto.
Il punto sul danno non patrimoniale.
Il Danno biologico.
(Il focus sui danni, questo è il primo articolo, la successiva pubblicazione avrà come oggetto: i criteri di liquidazione del danno biologico e morale)
1) I danni. Le definizioni.
Sotto l’aspetto giuridico, il danno rappresenta il pregiudizio della sfera personale e/o patrimoniale della vittima, causato da un fatto illecito (c.d. responsabilità extracontrattuale o aquiliana) o dalla violazione di un obbligo assunto tramite contratto o altro fatto o atto idoneo (c.d. responsabilità contrattuale o da inadempimento).
I danni posso essere suddivisi in due categoria: patrimoniale e non patrimoniale.
Il danno patrimoniale è il nocumento al patrimonio economico della persona o impresa, sotto forma di danno emergente e/o lucro cessante.
Il danno emergente è costituito dalla perdita subita quale conseguenza dell’illecito o dell’inadempimento, ovvero dalla diminuzione attuale economico-patrimoniale.
Deve infatti trattarsi di utilità già presenti nella sfera patrimoniale del danneggiato (ad es. un bene, mobile o immobile o strumentale, andato distrutto).
Il lucro cessante o mancato guadagno, invece, fa riferimento ad una situazione futura, ovvero alla ricchezza che il danneggiato non ha potuto conseguire a causa dell’illecito o dell’inadempimento (ad es. mancata produzione di reddito o realizzazione di un profitto).
Il danno non patrimoniale, invece, è il danno determinato alla lesione di interessi inerenti la persona o l’ente, non connotati da rilevanza economica.
Il danno (patrimoniale o non patrimoniale), inoltre, può essere vantato e richiesto a titolo iure proprio, quanto la persona che lo richiede coincide con il soggetto danneggiato, o a titolo iure successionis, quando la persona che avrebbe il diritto a richiederlo è deceduta; infatti, quest’ultimo diritto al risarcimento si trasferisce agli eredi del danneggiato.
E’ bene, inoltre, distinguere tra il c.d. danno evento e danno conseguenza.
In un approccio metodologico volto a mettere tra parentesi tutto ciò che concretamente non è indispensabile, per cogliere l’essenza di ciò che si indaga, si deve partire dal concetto di danno conseguenza, consacrato all’art. 1223 – 2059 c.c. e riassumibile, con espressione empirica, nell’avere di meno, a seguito dell’illecito.
A tal fine, infatti, “i danni risarcibili sono solo quelli che consistono nelle perdite che sono conseguenza della lesione della situazione giuridica soggettiva e non quelli consistenti nell’evento lesivo in sé considerato” (v. Cassazione civile, sez. un., 22/07/2015, n. 15350).
Il principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 576; Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972; Cass. civ., III sez., 19 febbraio 2013, n. 4043), quindi, è quello della risarcibilità dei soli danni-conseguenza, in base al quale, logicamente, il danno può essere risarcito solo laddove lo stesso sia venuto ad esistenza, in quanto conseguenza della lesione di una situazione giuridica soggettiva rilevante ai fini della responsabilità civile.
Un paio di ultime considerazioni preliminari:
– con riferimento al risarcimento dovuto al danneggiato questo riguarda, sia in caso di responsabilità contrattuale che aquiliana, solo le conseguenze immediate e dirette del fatto illecito (v. art. 1223 e art. 2056, comma I, c.c.);
– il danno non patrimoniale diverge, per natura, da quello patrimoniale e tale diversità persiste anche all’atto della liquidazione e nei criteri da applicare, che hanno la sola funzione di tradurre il pregiudizio sofferto in un’entità economicamente valutabile (v. Cassazione civile, sez. III, 15/06/2016, n. 12280).
2) Il Danno non patrimoniale: il danno biologico, il danno morale e gli altri pregiudizi non patrimoniali.
Il codice civile prevede che “il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge” (v. art. 2059).
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno avuto modo di precisare che il danno non patrimoniale, anche al di fuori delle ipotesi previste dalla legge, è sempre risarcibile se il fatto illecito ha leso un diritto inviolabile della persona; condizione sempre rispettata quando viene violato un diritto di rilevanza costituzionale (v. Cass., SS.UU n. 26972/2008).
Per la giurisprudenza di merito e di legittimità ormai dominante, il danno non patrimoniale ha una duplice natura, unitaria e omnicompresiva.
— La natura unitaria del danno non patrimoniale deve essere intesa come unitarietà rispetto alla lesione di qualsiasi interesse costituzionalmente rilevante, non suscettibile di valutazione economica; in altri termini, non v’è alcuna diversità nell’accertamento e nella liquidazione del danno causato dalla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, sia esso costituito dalla lesione alla reputazione, alla libertà religiosa o sessuale, piuttosto che a quella al rapporto parentale (v. Cassazione civile, n.18746/2016).
— Natura onnicomprensiva sta, invece, a significare che nella liquidazione di qualsiasi pregiudizio non patrimoniale, il giudice di merito deve tener conto di tutte le conseguenze che sono derivate dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitorie attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e di non oltrepassare una soglia minima di apprezzabilità, onde evitare risarcimenti cosiddetti bagattellari (v. Cass. n. 7766/2016, Cass. 4379/2016).
Concludendo, le diverse voci di danno, oggi, si integrano nell’unica e più ampia categoria del danno non patrimoniale.
Ma, spesso, tali “sotto-categorie o voci” si distinguono, concettualmente, ancor prima che giuridicamente in:
a) danno biologico, inteso quale lesione/menomazione al fondamentale diritto alla salute e, quindi, consiste nella riduzione o soppressione della qualità della vita del danneggiato (v. art. 32 Cost.);
b) danno morale inteso come il pretium doloris, ovvero quale ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato o anche nel patema d’animo o stato d’angoscia transeunte generato dall’illecito” (v. Cass. n. 10393/2002).
c) altri pregiudizi non patrimoniali, diversi ed ulteriori, di interessi costituzionalmente garantiti (il c.d. danno esistenziale, dinamico-relazionale o alla vita di relazione).
Una recente massima dei giudici dei merito ha affermato che: “in tema di danno non patrimoniale, detta categoria va considerata nel suo complesso, come unico punto di riferimento per l’interprete, quale categoria generale e onnicomprensiva, insuscettibile di una scomposizione in sottocategorie variamente etichettate. Al suo interno devono essere inseriti: il danno biologico in senso stretto, inteso quale pregiudizio all’integrità psicofisica, il danno morale soggettivo (il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d’animo), nonché i pregiudizi non patrimoniali diversi ed ulteriori, purché consistenti in una lesione di un interesse costituzionalmente garantito” (v. Tribunale Parma, 05/05/2016, n. 645).
Le considerazioni fin qui riportate, appaiono però non molto utili nella pratica. Sembra che in questo settore si sia realizzato l’auspicio gattopardiano secondo cui “tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”.
Infatti, sono state scritte centinaia e centinai di pagine di sentenze, elaborate teorie su teorie, ma nella sostanza le lesioni di interessi costituzionalmente garantiti dà diritto al risarcimento dei danni.
Considerare un’unica categoria quella del danno non patrimoniale, parlare di sotto voci della stessa, poi, è un problema esclusivamente “estetico”, che poco interessa alla gente (e ai danneggiati) e che ha reso il diritto, però, sempre più avulso e lontano dal cittadino.
In tema di liquidazione e prova del danno, inoltre, è si riportano i seguenti assunti giurisprudenziali.
Nella liquidazione dei pregiudizi non patrimoniali, il giudice di merito non può liquidare ciascuno di essi come se costruisse un danno a se stante, ma deve tenere conto del fatto che si tratta di pregiudizi accomunati da carattere della non patrimonialità, e procedere alla aestimatio del danno avendo cura di evitare che medesimo pregiudizio sia liquidato due volte (il c.d. divieto di duplicazione delle poste risarcitorie).
“L’unitarietà del danno non patrimoniale è concetto giuridico, posto a presidio del divieto di duplicazione risarcitorie.
Esso non c’entra nullo col polimorfismo con cui il danno può manifestarsi, che è questione di fatto.
Pertanto, quando si tratta di stabilire quale sia il danno patito della vittima, il giudice non ha dinnanzi a sé che una alternativa: inquadrare il pregiudizio nel danno patrimoniale od in quello non patrimoniale.
Quando, invece, si tratta di stabilire quanto valga economicamente il danno patito dalla vittima, il giudice non deve andar dietro a categorie astratte, ma accertare in concreto cosa e come il danneggiato abbia perduto, e per quanto tempo” (v. Cassazione civile, sez. III, 13/08/2015, n. 16788).
La sussistenza del danno non patrimoniale, quale conseguenza non pregiudizievole di una lesione suscettibile di essere risarcita, deve essere oggetto di allegazione e di prova, sebbene a tale ultimo fine possano ben utilizzarsi anche le presunzioni semplici (v. Cassazione civile, sez. III, 13/10/2016, n. 20643).
Le presunzioni semplici sono quelle che il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignoto, e per essere valutate quale prova devono essere gravi, precise e concordanti (v. art. 2729 c.c.).
Altresì è bene precisare che il danno non patrimoniale, anche quando discende dalla violazione di diritti fondamentali della persona, non è mai in re ipsa, ma deve essere sempre dimostrato da chi ne chiede il risarcimento. Non può invocarsi, in senso contrario, la possibilità di procedere alla liquidazione in via equitativa del danno non patrimoniale, essendo tale modalità di liquidazione sempre subordinata all’impossibilità di determinare, nel suo preciso ammontare, un danno-conseguenza incerto nel quantum ma certo nell’an.
E’ infine appena il caso di rilevare che il danno morale può essere risarcito anche in assenza di uno specifico danno biologico.
Infatti, “il danno morale soggettivo lamentato dai soggetti che si trovano in una particolare situazione (ad es. in quanto abitano e/o lavorano in un ambiente oggetto di disastro colposo) e che provino in concreto di avere subito un turbamento psichico (sofferenze e patemi d’animo) di natura transitoria a causa dell’esposizione a sostanze inquinanti ed alle conseguenti limitazioni del normale svolgimento della loro vita, è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione all’integrità psico – fisica (danno biologico) o di altro evento produttivo di danno patrimoniale, trattandosi di reato plurioffensivo che comporta, oltre all’offesa all’ambiente ed alla pubblica incolumità, anche l’offesa ai singoli, pregiudicati nella loro sfera individuale” (v. Cassazione civile, sez. un., 21/02/2002, n. 2515).
In tema di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale, inoltre, non si pone un problema di nesso di causalità tra comportamento ed evento dannoso, bensì di estensione della responsabilità, e il danno risarcibile coincide con la perdita o il mancato guadagno, conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, delimitati in base al giudizio ipotetico sulla differenza tra situazione dannosa e situazione che vi sarebbe stata se il fatto dannoso non si fosse verificato (v. Cassazione civile, sez. II, 26/09/2016, n. 18832).
3) carattere, nozione e fondamenti del danno biologico
“Per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla capacità di produrre reddito” (v. artt. 138 , c. 2, lett a e 139, c. 2 del codice delle assicurazioni private).
Il danno biologico costituisce una perdita, una riduzione-soppressione della qualità della vita del danneggiato, che compromettono lo stato di salute goduto prima del verificarsi del danno.
Inoltre, il danno alla salute:
– ha un fondamento medico-legale e natura disfunzionale.
La lesione deve: essere visibilmente o strumentalmente accertata, determinare una patologia psico-fisica, emergere da un riscontro medico-scientifico e, infine, determinare una qualche perdita di funzioni vitali.
Non costituisce danno biologico, quindi, il mero stress, fastidio o insofferenza, se non sfociano in vere e proprie patologie psichiche.
– è aredddituale.
L’accertamento, la valutazione e la liquidazione del danno debbono prescindere del tutto da qualsiasi riferimento al reddito o patrimonio del danneggiato.
Oggi vi sono tre importanti settori in cui il danno biologico è risarcito per espressa previsione di legge e riceve una disciplina ad hoc: infortuni sul lavoro (v. D. Lgs. n. 38/2000), sinistri stradali (v. il Codice delle Assicurazioni private – D. Lgs. n. 209/2005), e responsabilità medica (v. L. n.189/2012 c.d. Legge Balduzzi).
Oltre alle richiamate normative di settore è importante ricordare che in forza dell’art. 185 c.p. ogni reato che ha causato un danno patrimoniale e non patrimoniale obbligano al risarcimento il colpevole e la persona civilmente responsabile.
Quando, invece, la lesione della salute deriva da un fatto che non costituisce reato, la sua risarcibilità è subordinata alla sussistenza dei seguenti presupposti:
1) la lesione deve essere grave, cioè eccedente la soglia della normale tollerabilità. In altri termini, la lesione sarà risarcibile sono nei casi in cui sarà oggettivamente apprezzabile.
Si tratta, ovviamente, di una valutazione da compiere in fatto, avuto riguardo le circostanze del caso concreto. La valutazione, però, dovrà essere compiuta con riferimento al grado di sensibilità di una persona media, e non a quello specifico della vittima.
2) Il pregiudizio patito non deve essere futile.
Il giudizio di non futilità dovrà essere compiuto sulla base di opinioni generalmente condivise in un determinato luogo ed in un determinato momento storico.
3) L’interesse leso, cioè l’evento dannoso, e non le conseguenze che ne sono derivate, deve avere una rilevanza costituzionale.
Infatti, per evitare un’interpretazione abrogativa dell’art. 2059 c.c. la lesione deve avere ad oggetto dei diritti inviolabili della persona (espressamente riconosciuti nella Costituzione). A nulla, quindi, rileva che la condotta contestata possa avere prodotto (di ribalzo) un pregiudizio alla persona.
Così ad esempio, se dalla lesione di un diritto non attinente alla persona, come il diritto di credito o alla proprietà, sia derivato un pregiudizio non patrimoniale, quale un esaurimento nervoso o, peggio ancora, un disturbo depressivo, quest’ultimo non è risarcibile.
Il danno biologico può essere di natura permanente o temporanea.
Il danno biologico è temporaneo quando il pregiudizio subito dalla vittima dell’illecito, dal punto di vista anatomo-funzionale e dinamico-relazionale, è temporaneo e il danneggiato potrà guarire. Si terrà, quindi, in considerazione il periodo intercorrente fra l’evento dannoso e la guarigione.
E’ invece permanente quel danno che ha prodotto un’invalidità o inabilità definitiva e duratura nel tempo.
Le lesioni di questo genere si suddividono nelle micropermanenti (le c.d. microlesioni), ovvero quelle ricomprese fra l’1% e il 9%, e nelle macropermanenti (le c.d. macrolesioni), ovvero quelle che registrano un’invalidità superiore al 9%.
(seguirà nel prossimo articolo sul tema: i criteri di liquidazione del danno biologico e del danno morale).
Sabina
Spett.le Studio legale
Mi chiamo Sabina Musotto e lavoro in ambito sanitario a Palermo.
Dal 2013 al 2019 sono stata collocata dal mio datore di lavoro in un ufficio che non era a norma né come grandezza, era mancante di luce naturale e non c’ era alcun ricambio di aria, visto che era interno. Ci dovevo restare provvisoriamente invece mi ci hanno lasciata 6 anni e poiché avevo il blocchetto di aria condizionata sopra la testa, ho contratto la polmonite. Desidero, anche se sono passati degli anni, citare il mio datore di lavoro xchè pur essendo a conoscenza del mio stato di salute ( lo ho informati sempre anche con continui certificati che attestavano il mio stato di salute, nonché la positività al Mycoplasma ( IgG – IgM), non ha fatto nulla x darmi un luogo di lavoro più idoneo. Ho una documentazione molto importante con referti che testimoniano le condizioni di salute fisica in cui lavoravo, e anche quella psicologica. Negli anni ho continuato ad aggiornare la mia documentazione e ho anche fatto di recente, un ultimo referto del dr. Peraltra specializzato in pneumologia, dove scrive che i sintomi che ho attualmente sono riconducibili al 2017 anni in cui ho avuto la polmonite viste le condizioni che descrivo, in cui lavoravo.
Da allora ho una infinita ‘ di referti, anche tutti quelli generati dallo stress psicologico come la Vitiligine, reflusso gastroesofageo grave, referti di pneumologia, terapie e referti psicologici, dermatiti, Herpes zoster e simplex ( fuoco di Sant’ Antonio) e Eczema Disidrosico. Sono disposta a fornire tutta la documentazione in mio possesso con annesse foto delle manifestazioni dermatologiche. Spero di ricevere una Vostra chiamata e di potere essere seguita da Voi, ho letto che siete specializzati in questo.
Lascio il mio recapito 347/4751671.
Vi ringrazio in anticipo
Sabina Musotto
Di sotto un sunto della mia storia lavorativa riguardante quegli anni.
Dal 2013 al 2019 vengo spostata in un ufficio che doveva essere solo provvisorio xchè la DS sostiene che non c’è altro posto dove metterci, (ma in realtà si stavano costruendo interi dipartimenti a dx a sx e sopra Ismett ), nuovi uffici in cui potevamo tranquillamente essere trasferiti x potere lavorare in un ambiente più consono ( nessuna luce naturale, nessuna finestra, bocchettone aria condizionata sopra la testa, unico regolatore di temperatura che collegava 2 stanze…la nostra dove le due scrivanie erano attaccate e ci toccavamo i gomiti con i colleghi, ci si parlava addosso e non si capiva niente e quella più grande dove il freddo ovviamente si sentiva meno xchè distribuito meglio)…inizio a tossire, una tosse compulsiva che addirittura mi toglie la capacità di respirare, dispnea, molti episodi di febbre, affaticamento anche x lievi sforzi, sono spesso afona. Nonostante tutto il mio servizio è sempre coperto, mai alcun problema né assenze che possano influire negativamente o mettere in difficoltà la struttura davanti ai pazienti.
La tosse dura esattamente 9 mesi quando la DS incarica lo pneumologo Dr. Vitulo dell’ Ismett di cercare di fare una diagnosi..
Anamnesi ed esami diagnosticano il passaggio del Mycoplasma un batterio pneumonie, il più resistente il più recidivo.
Il periodo “provvisorio” che avrebbe dovuto vederci in un ufficio non idoneo per la salute del dipendente in ambito lavorativo diventa 6 anni… anni in cui per il freddo costante, il malessere fisico continuo e il disagio psichico vengono costantemente documentati con referti medici a tutti gli organi preposti al benessere del dipendente in ambito lavorativo, e chiedo anche aiuto cercato presso lo sportello psicologico messo a disposizione dell’ Ismett diretto dal Dr. Girgenti vengono trasmessi via mail a tutti gli organi deputati al benessere del dipendente in ambito lavorativo ( Direzione Sanitaria, Ing. Sala responsabile del benessere dei dipendenti in ambito lavorativo, Medico Competente, Responsabili Ufficio Tecnico, Dr. Girgenti) x sensibilizzarli su un quadro clinico veramente grave e peraltro continuativo e costante nel quale versavo senza ricevere mai alcun tipo di risposta, anzi in risposta alla urgenza di trasferimento di ufficio che chiedevo, ripeto tutto supportato da referti medici, i primi colleghi a cui trovano un ufficio piu’ idoneo e i primi ad essere trasferiti sono i colleghi del Cupi, triage e piano terapeutico che avevano gli uffici connessi al mio e che collocati in un ambiente piu’ ampio, meno avevano sofferto di temperature cosi’ estreme, come quelle nelle quali vivevo io.
Ad oggi continuo ad avere degli strascichi di quella situazione dolorosa come documentati dai vari referti che possiedo e di cui mando solo poche pagine.
Desidero chiedere al mio datore di lavoro di assumersi la responsabilità di questi danni alla salute che mi ha arrecato, di cui molti ” permanenti”.
N.b. ho pure una cartina dove si evince il centralino piccolissimo, chiuso, senza uscite, collegato ai due uffici più grandi dove l’ aria fredda si disperdeva, mentre in quello piccolo si concentrava generando un freddo gelido.