Appalti, esecuzione lavori e pagamento del corrispettivo

Gli appalti.
Il contratto di appalto, la difficile strada per ottenere “giustizia”. La giurisprudenza di legittimità e di merito sull’onere della prova, esecuzione dei lavori e pagamento del corrispettivo.

L’ambito degli appalti, dell’esecuzione di lavori e opere e del pagamento del corrispettivo è un settore ad “alta litigiosità”, che crea un contenzioso civile imponente e, spesso, interminabile…

Tali giudizi, solitamente, iniziano con l’emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento di corrispettivi connessi all’esecuzione di lavori (da parte dell’appaltatore); l’ingiunzione, a sua volta, è spesso oggetto di opposizione (da parte del committente). Si avvia, così, un (lungo) processo civile avente ad oggetto la corretta esecuzione dei lavori d’appalto.

In questa situazione, la parte più danneggiate è – di solito – quella che richiede il pagamento del corrispettivo, che  – a meno che il decreto ingiuntivo venga dichiarato provvisoriamente esecutivo – dovrà aspettare la conclusione del primo grado per potere ottenere ristoro.

Anche per tale motivo è opportuno, prima di intraprendere un’azione di ingiunzione o un giudizio, avere un quadro chiaro delle norme, degli orientamenti giurisprudenziali, dei fatti e delle prove che avranno una nevralgica importanza ai fini del riconoscimento dei propri diritti.

Analizziamo, in primo luogo, le norme e i principi di riferimento in materia di appalti:

— il contratto d’appalto è un tipico contratto a prestazioni corrispettive: ciascuna parte è, a sua volta, creditrice e debitrice dell’altra. Più in particolare, l’appaltatore è tenuto ad eseguire il lavoro o l’opera a regola d’arte, nei modi e tempi stabiliti, con l’organizzazione dei mezzi necessari e con la gestione a proprio rischio, mentre il committente è tenuto, principalmente, a pagare la somma di denaro pattuita (v. art. 1655 c.c.);

— Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza (v. art. 1175 c.c.) e il relativo contratto deve essere eseguito secondo buona fede (v. art. 1375 c.c.);

— nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata (v. art. 1176 c.c.). Inoltre, l’adempimento deve essere integrale e il creditore può rifiutare una parziale esecuzione, salvo che la legge e gli usi dispongano diversamente (v. art. 1181 c.c.);

— Il debitore è tenuto a eseguire esattamente la prestazione dovuta; in caso contrario è obbligato al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (v. art. 1218 c.c.).
A sua volta, il creditore è tenuto a riceve e a non ostacolare la corretta esecuzione della prestazione del debitore;

— nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie la propria, tranne che il rifiuto appaia contrario alla buona fede (v. art. 1460 c.c.);

— Il committente, prima di ricevere la consegna, ha diritto di verificare l’opera e il lavoro compiuto.
La verifica deve essere fatta dal committente appena l’appaltatore lo mette in condizioni di poterla eseguire. Se, nonostante l’invito fattogli dall’appaltatore, il committente tralascia di procedere alla verifica, senza giusti motivi, ovvero non ne comunica il risultato entro un breve termine, l’opera si considera accettata. Se il committente riceve senza riserve la consegna dell’opera, questa si considera accettata ancorché non si sia proceduto alla verifica. Salvo diversa pattuizione o uso contrario, l’appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l’opera è accettata dal committente (v. art. 1665 c.c.);

— l’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera e il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore (v. arte. 1667 e 1668 c.c.);

— ai sensi dell’art. 2697 c.c., infine, chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.

La giurisprudenza (di legittimità e di merito) ha fissato i paletti interpretativi degli articoli del codice civile richiamati.

a) Una delle questioni più importanti e dibattute riguarda in tema di appalti il (mancato) pagamento del corrispettivo e l’eccezione di inadempimento:

— il committente può legittimamente rifiutare o subordinare il pagamento del corrispettivo all’eliminazione dei vizi dell’opera, invocando l’eccezione di inadempimento prevista dall’art. 1460 cod. civ., in quanto istituto di applicazione generale in materia di contratti a prestazioni corrispettive, purché il rifiuto di adempiere non sia contrario alla buona fede, spettando al giudice del merito accertare se la spesa occorrente per l’eliminazione delle difformità sia proporzionata a quella che il committente rifiuta di corrispondere all’appaltatore o che subordina a tale eliminazione. Più in particolare la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che la disciplina stabilita dall’art. 1665 c.c., per il diritto dell’appaltatore al pagamento del corrispettivo, non si sottrae alla regola generale secondo la quale il principio inadimplenti non est adimplendum va applicato secondo buona fede (v. Cassazione civile, sez. VI, 26/11/2013,  n. 26365);

— le speciali disposizioni contenute negli art. 1667 e 1668 c.c. (in tema di difformità e vizi dell’opera), integrano (senza escluderla) l’applicazione dei principi generali dettati in materia di inadempimento contrattuale, i quali, perciò, rimangono applicabili nei casi in cui l’opera non sia stata eseguita o non sia stata completata.  Pertanto, alla stregua di tale principio, diventa applicabile, per il diritto al risarcimento dei danni fondato sulla generale responsabilità dell’appaltatore per inadempimento, il termine di prescrizione in generale previsto per l’esercizio di questo diritto, piuttosto che il termine di due anni risultante dall’art. 1667 c.c., né trova applicazione la decadenza dalla stessa norma prevista (v. Tribunale Bologna, sez. II, 19/03/2012,  n. 820);

— Negli appalti il committente può rifiutare, ai sensi dell’art. 1181 c.c., l’adempimento parziale oppure accettarlo e, anche se la parziale esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, può trattenere la parte di manufatto realizzata e provvedere direttamente al suo completamento, essendo, poi, legittimato a chiedere in via giudiziale che il prezzo sia proporzionalmente diminuito e, in caso di colpa dell’appaltatore, anche il risarcimento del danno. Correlativamente, nel caso in cui la parziale esecuzione del contratto sia imputabile al committente che l’abbia espressamente o tacitamente accettata, l’appaltatore ha il diritto di invocare, secondo la propria convenienza, la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno, ovvero il pagamento del prezzo proporzionalmente ridotto (v. Cassazione civile, sez. II, 17/02/2010, n. 3786).

b) Altra questione di fondamentale importanza negli appalti è quella dell’onere della prova:

— nel contratto di appalto, a fronte della eccezione di inadempimento sollevata dalla committente, spetta all’appaltatore fornire la prova del fatto che lo stesso abbia effettivamente adempiuto per intero le opere oggetto del contratto di appalto e per le quali abbia avanzato la pretesa di pagamento (v. Tribunale di Lucca, 27/04/2016 n.900);

— in tema di controversie aventi ad oggetto lavori appaltati, non può essere riconosciuto il restante importo – a titolo di corrispettivo – a cui la ditta appaltatrice dei lavori asserisce di aver diritto, quando non sia riuscita a provare di aver eseguito tutti i lavori commissionati  (v. Tribunale Monza, sez. IV, 05/03/2015, n. 768);

— Va revocato il decreto ingiuntivo volto a conseguire il pagamento di opere extracontrattuali non ricomprese nel contratto di appalto intercorso tra le parti dello stesso, laddove l’opposta non abbia assolto all’onere, sulla medesima incombente nella sua qualità di attrice in senso sostanziale, che l’opponente avesse previamente autorizzato l’esecuzione di tali opere, accollandosi il relativo onere economico (v. Tribunale Bari, sez. II, 24/07/2012,  n. 2627);

— in tema di appalti, sussistendo, ai sensi dell’art. 1658 cod. civ., la presunzione che la materia necessaria a compiere l’opera venga fornita dall’appaltatore, incombe sul committente l’onere di provare di aver venduto i materiali all’appaltatore, anche ai fini dell’incidenza di tale circostanza sulla determinazione del corrispettivo dell’appalto (v. Cassazione civile, sez. II, 13/01/2014, n. 468).

—  Va riconosciuto il pagamento del corrispettivo alla parte attrice esecutrice dei lavori, che ne richieda il relativo pagamento in virtù di un contratto di esecuzione lavori, quando abbia dato prova della sottoscrizione dello stesso nonché della avvenuta effettuazione dei lavori (v. Tribunale Perugia, 27/06/2012, n. 865).

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