Stepchild adoption – adozione delle coppie omosessuali

Stepchild adoption: l’adozione di minori – in casi particolari – da parte di coppie omoaffettive.

La stepchild adoption (in inglese “adozione del figlio affine”), adozione del configlio, o adozione in casi particolari, è un istituto giuridico che consente al figlio di essere adottato dal partner (unito civilmente o sposato) del proprio genitore.

Con la sentenza n. 12962/16 la prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Roma con la quale è stata accolta la domanda di adozione di una minore da parte della compagna della madre.

La Cassazione ha affermato che tale procedura (di adozione) “non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”.

Inoltre, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che il predetto tipo di adozione “prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”.
La sentenza del Giudice di Legittimità sancisce il consolidamento di un orientamento giurisprudenziale, già ribadito dai Tribunali Italiani.

Prima di analizzare la sentenza emessa dalla Suprema Corte pare opportuno chiarire in modo sintetico i presupposti di tale adozione, facendo riferimento alla normativa in tema. Ci si riferisce alla legge n.184/1983, (recentemente novellata dalla Legge 19 ottobre 2015, n.173).

La norma ha introdotto da tempo l’istituto dell’adozione di minori in casi particolari, oggi indicato con l’espressione “step child adoption” tornata in auge dopo il dibattito politico sociale scaturito dalla c.d. legge Cirinnà (legge 76/2016).

Come disposto agli artt. 44-57 della l. n. 184/83, l’adozione “in casi particolari” è circoscritta a circostanze tassative.
In base all’art. 44 della Legge sull’adozione (n. 184/1983 e successive modificazioni), i minori non dichiarati adottabili possono comunque essere adottati:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento, quando il minore sia orfano di padre e di madre;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;
c) quando il minore sia handicappato e orfano di entrambi i genitori;
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo;

Inoltre, affinché possa essere effettuata l’adozione, la normativa richiamata stabilisce i seguenti ulteriori requisiti:
– nei casi di cui alle lettere a) e d) l’età dell’adottante deve superare di almeno 18 anni quella dell’adottando; tale differenza di età non è richiesta nei casi, di cui alle lettere b) e c);
– il consenso dell’adottante;
– il consenso dell’adottando che abbia compiuto i 14 anni, se ha compiuto gli anni 12 deve essere sentito, se ha un’età inferiore a 12 anni deve essere sentito in ragione della sua capacità di discernimento;
– deve essere sentito il legale rappresentante (ad esempio il tutore, ovvero colui che cura gli interessi del minore) del minore di 14 anni o di età superiore se handicappato o non capace di esprimere il proprio consenso;
– è necessario l’assenso dei genitori e del coniuge dell’adottando (se negato, ma ritenuto dal Tribunale ingiustificato o contrario all’interesse dell’adottando, l’adozione può essere lo stesso pronunciata, salvo che l’assenso sia stato rifiutato dai genitori esercenti la la responsabilità genitoriale o dal coniuge, se convivente, dell’adottando).

Scopo principe delle adozioni in casi particolari è quello di conseguire il superiore interesse del minore. In tali ipotesi il minore non rescinde i rapporti giuridici e relazionali con la propria famiglia d’origine, ma individua altro soggetto che esercita la responsabilità genitoriale ed assume tutti i doveri inerenti a detto status.

L’iter giurisprudenziale che ha condotto la Cassazione alla pronuncia in oggetto, affonda le proprie radici in un filone giurisprudenziale originato da una storica sentenza del Tribunale dei Minorenni di Roma (sentenza n. 30 giugno 2014, n. 299).
Secondo tale pronuncia, il collegio Giudicante non ravvisava alcun ostacolo nell’adozione da parte di una coppia omosessuale, in cui la convivente della madre biologica del minore, richiedeva l’adozione dell’infante ex art. 44 1. 184/1983.
Il Tribunale richiamava l’interesse preminente del minore ex art. 57 1. 184/1983 e sulla base di tale assunto affermava che “nessuna limitazione è prevista espressamente, o può derivarsi in via interpretativa, con riferimento all’orientamento sessuale dell’adottante o del genitore dell’adottando, qualora tra di essi vi sia un rapporto di convivenza”.

La sentenza del Tribunale dei Minorenni di Roma è la prima di numerose pronunce che, ribadendo il principio giuridico in linea con la giurisprudenza italiana ed europea, hanno affermato che l’orientamento sessuale dell’adottante non può essere assunto quale elemento ostativo alla “stepchild adoption” (v. sent. Tribunale Minorenni di Roma, sent. del 23.12.2015; e sent. Corte App. Torino, Sez. Minorenni n. 27.5.2016).

Nei casi cui ci si riferisce, gli organi giudicanti avevano verificato, con estrema attenzione, che il convivente del genitore biologico, non solo aveva maturato un legame affettivo intenso con il minore, ma aveva dimostrato di possedere ottime capacità genitoriali, al di là del proprio orientamento sessuale.
Sulla scorta di questi precedenti, la Corte di Cassazione veniva chiamata a pronunciarsi in merito alla richiesta di adozione ex art. 44 l.184/83 avanzata da una donna romana la quale, unita sentimentalmente alla madre biologica della minore, aveva instaurato con quest’ultima un legame affettivo profondo, nell’ambito di una convivenza stabile.

In particolare, le due donne romane si erano sposate in Spagna e a seguito di tale unione, la più giovane delle due aveva dato alla luce una bambina mediante procreazione assistita.
La compagna della madre, intendendo formalizzare la relazione in essere, effettuava domanda di adozione quale caso particolare.
Tale istanza trovava accoglimento dinanzi al Tribunale minorile, con conferma della pronuncia anche in secondo grado.

A seguito di ciò la Procura Generale presso la Corte d’appello ricorreva in Cassazione sostenendo che la normativa in tema di adozioni ex art. 44, l. 184 del 1983, non può trovare applicazione per i casi in cui non ricorrano maltrattamenti o abbandono, ed il minore goda della figura e dell’affetto di un genitore biologico.

Inoltre, secondo le doglianze della Procura, la questione posta all’esame della Suprema Corte avrebbe dovuto essere trattata dinanzi alle Sezioni Unite poiché involgerebbe una questione di particolare importanza.

A) Questione preliminare e richiesta di trattazione della causa in Sezioni Unite.

Esaminati tali rilievi, la Cassazione respinge la richiesta preliminare del Procuratore Generale di rinvio del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. I Giudici della prima sezione sostengono, infatti, che non tutte le questioni riguardanti diritti individuali o relazionali possono qualificarsi come tali, ai sensi dell’art 374 comma 2 c.p.c.

Ciò anche in ragione del fatto che la stessa Corte è già intervenuta a sezione semplice su temi socialmente ed eticamente sensibili, quali le “direttive di fine vita”, il riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive, la surrogazione di maternità.

B) Non obbligatorietà di nomina di un curatore speciale

Proseguendo nelle proprie motivazioni, la Cassazione conferma quanto stabilito dalla Corte di Appello in secondo grado, in merito alla non obbligatorietà della nomina di un curatore speciale alla minore.
In particolare, tale asserzione trovava fondamento sul fatto che non si ravvisava alcun potenziale conflitto di interessi in re ipsa tra la stessa minore e la madre chiamata ad esprimere il proprio consenso sull’adozione da parte della convivente.

La Cassazione ratifica quanto dedotto in sede d’appello osservando che “l’appezzamento dell’esistenza di un potenziale conflitto di interessi, che non sia previsto normativamente in modo espresso […] e non sia ricavabile dall’interpretazione coordinata delle norme che regolano il giudizio […] è rimesso in via esclusiva al giudice del merito e non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità”.

L’unica motivazione posta dalla Procura a sostegno del denunciato conflitto d’interessi era stata indicata nell’interesse personale della madre della minore a stabilizzare il proprio progetto di vita con la compagna. Se ciò è vero, osserva la Corte, si dovrebbe ritenere che sia proprio la relazione della coppia omoaffettiva ad essere potenzialmente contrastante, in re ipsa, con l’interesse della minore con una discriminazione basata sull’orientamento sessuale del genitore. Tale asserzione risulta però priva di fondamento probatorio scientifico.

Interesse preminente del minore e applicabilità della disciplina di cui all’art. 44, lett. d) l. 184/83 alle coppie dello stesso sesso
La prima sezione civile della Cassazione nella sentenza richiamata specifica inoltre che all’adozione per i casi particolari di cui all’articolo 44, legge 184 dell’83, “possono accedere sia le persone singole che le coppie di fatto” e “l’esame dei requisiti e delle condizioni” imposte “non può essere svolto dando rilievo all’orientamento sessuale del richiedente e alla conseguente natura della relazione da questa stabilita con il proprio partner”.

Tale particolare previsione normativa, mira “a dare riconoscimento giuridico a relazioni affettive continuative e di natura stabile, instaurate con il minore e caratterizzato dall’adempimento di doveri di accudimento, di assistenza, di cura e di educazione analoghi a quelli genitoriali”. Secondo i giudici ciò avviene in base ad un rigoroso accertamento della corrispondenza della scelta all’interesse del minore senza dover tener in considerazione l’omoaffettività del genitore adottante.

Viene così legittimata quella che è stata definita stepchild adoption anche in favore del compagno dello stesso sesso del genitore biologico del minore.

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