La responsabilità sociale delle imprese (RSI)

La Responsabilità sociale delle imprese in un pianeta sostenibile

1. Una Terra da salvare

I parametri vitali del pianeta, compatibili con la vita umana, sono in pericolo.

Nel 2009 un gruppo di scienziati e climatologi guidato da Johan Rockström ha individuato nove confini planetari (la c.d. “Planetary Boundaries“, introdotta su Nature) all’interno dei quali la vita umana sulla Terra può continuare a prosperare:
1- il cambiamento climatico;
2- l’acidificazione degli oceani;
3- la riduzione della fascia di ozono nella stratosfera;
4- la modificazione del ciclo bio-geochimico dell’azoto e del fosforo;
5- l’utilizzo globale di acqua;
6- i cambiamenti nell’utilizzo del suolo;
7- la perdita di biodiversità;
8- la diffusione dell’aerosol atmosferico;
9- l’inquinamento dovuto ai prodotti chimici antropogenici.

Ad oggi, quattro di questi limiti sono già stati superati: il n. 1, troppa anidride carbonica in atmosfera che ha comportato un aumento della temperatura superiore a 2 gradi; il 4, troppo di azoto rimosso dall’atmosfera per usarlo come fertilizzante nel suolo; il n.7, biodiversità in rapito declino; e – da ultimo – il n. 6, eccesso di alberi tagliati per convertire il territorio ad uso agricolo. Gli altri, ahimè, presto verrano oltrepassati.

Quindi, nel corso dell’ultimo secolo alcuni importanti parametri che hanno reso l’era dell’Olocene così ospitale, sono cambiati, mettendo a rischio il nostro benessere e la nostra vita.

Malgrado l’ormai attuale pericolo, l’umanità ha continuato a percorrere la strada del depauperamento del pianeta.
Il boom demografico (7 miliardi di persone che in breve tempo raggiungeranno i 9 miliardi) ed economico degli ultimi settant’anni, i livelli di produzione e consumo costanti o in aumento hanno reso più veloce il processo di superamento dei limiti dei confini  di sostenibilità planetaria.

E’ quindi evidente che non si può più andare avanti così.
Ma lo sviluppo sostenibile planetario è un utopia? no. Al contrario la scienza indica che sarebbe possibile avviare questo cambiamento, che abbiamo questa capacità di innescare una nuova marcia innovativa e di trasformazione a 360°.

Il problema è che 200 paesi del mondo dovrebbero iniziare a muoversi nella stessa direzione, cambiando il loro paradigma di governance, da un modello lineare, comanda-e-controlla, ad un modello molto più flessibile ed efficiente.
Un approccio più adattabile che riconosca la ridondanza sia nei sistemi ecologici che sociali, come il segreto per far fronte ad un era di cambiamenti globali e che punti, in tempi brevi:
– all’abbandono dell’utilizzo del carbone e dei carburanti fossili;
– all’impiego delle energie rinnovabili e all’accumulo decentrato di energie;
– ad una nuova concezione di mobilità (mezzi di trasporto elettrici, car/bike sharing, trasporto pubblico senza emissioni di co2, ecc.);
– ad un’alimentazione a basso impatto ed a chilometro zero;
– ad una contrazione dell’uso, o meglio, dello spreco di cibo, acqua ed energia;
– ad una riduzione della produzione dei rifiuti;
– ad una pratica del riciclo, riutilizzo e recupero.

In questo sistema, l’impresa deve fare la sua parte, impiegando le proprie energie nella ricerca, nell’innovazione, nell’impiego di nuove tecnologie e materiali che possano propendere verso un’esistenza a impatto zero.

Del resto è la nostra stessa Costituzione che afferma il principio della c.d. funzione sociale dell’imprese; infatti l’art. 32 Cost. afferma che: “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali“.

2. La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI)

La CSR (Corporate Social Responsibility), in italiano RSI (Responsabilità Sociale d’Impresa), è la “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società” e sull’ambiente, ovvero è anche definita come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate“.

Con riferimento alle imprese transnazionali, la nozione di responsabilità sociale d’impresa si basa su meccanismi multilaterali non coercitivi, di natura privatistica (es. Codici di condotta, principi elaborati in partenariato con ONG), pubblicistica (es. il Libro Verde sulle CSR del 2001, il documento di comunicazione sulla strategia rinnovata dell’Unione Europea 2011-2014, le Linee guida OCSE per imprese multinazionali del 1976, la Dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale del OIL del 1977) o mista (il c.d. Global Compact lanciato nel 2000 dal Segretario generale delle Nazioni Unite).

La RSI va oltre il rispetto delle prescrizioni di legge e individua pratiche e comportamenti che un’impresa adotta su base volontaria, nella convinzione di ottenere dei risultati che possano arrecare benefici e vantaggi a se stessa e al contesto in cui opera.

Per fare qualche esempio rientrano fra questi aspetti: le politiche di tutela e salvaguardia dell’ambiente, l’utilizzo delle energie rinnovabili, lo sfruttamento delle risorse naturali, le politiche per i dipendenti, i rapporti con i clienti e i fornitori, il rispetto dei diritti umani (specie lungo la catena di fornitura), le regole di buon governo societario, le relazioni con la comunità.

Particolare attenzione viene prestata ai rapporti con i portatori d’interesse rispetto a una determinata azienda (c.d. stakeholder): collaboratori, fornitori, clienti, partner, comunità e istituzioni locali, realizzando nei loro confronti azioni concrete.

Ciò si traduce nell’adozione di una politica aziendale che sappia conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali del territorio di riferimento, in un’ottica di sostenibilità presente e futura.

3. La normativa sulle Benefit Corporation

In Italia è stata recentemente introdotta per legge la “nuova” categoria dei benefit corporation (le B-Corp). Infatti, la legge di stabilità 2016 ha definito le B-Corp come le imprese che “nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambienti, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse” (v. comma 376).

Con le misure introdotte dalla legge di Stabilità per il 2016 (l. n.208/2015), l’Italia rappresenta il primo Stato europeo ad aver riconosciuto uno status giuridico proprio per le società che utilizzano il profitto anche come strumento per la creazione di valore sociale

Nell’allegato 5 alla legge, vengono indicate le quattro aree di valutazione dell’impatto (governo d’impresa; lavoratori; altri portatori di interesse; ambiente).

Le società benefit si obbligano in sostanza a una gestione dell’attività d’impresa secondo i principi di responsabilità sociale.
Tali imprese sono tenute alla redazione annuale di una relazione, una sorta di bilancio sociale, in cui illustrano come e in che grado hanno conseguito gli obiettivi di beneficio comune prefissati.
Inoltre, le B-Corp si impegnano a sottoporsi ad un controllo di un ente esterno che avrà un libero accesso ai documenti e materiali.

4. La convenienza delle RSI

L’esperienza dimostra che le imprese più impegnate sul fronte della RSI hanno più probabilità, specie nel medio-lungo periodo, di ottenere migliori risultati in termini economici e finanziari.

I maggiori vantaggi derivanti da un approccio responsabile sono: la reputazione e legittimazione sociale; una più oculata gestione del rischio; il sereno clima di lavoro e il soddisfacimento del personale; una maggiore attrattività dei prodotti e dei servizi verso i consumatori e gli investitori (responsabili); attrazione di talenti (c.d. employer branding); miglioramento dei processi gestionali e della conoscenza della propria azienda.

5. I controlli sulle RSI

La legge di stabilità 2016 delinea il quadro dei controlli delle società benefit prevedendo un’autovalutazione della società sull’impatto generato dalla propria attività sugli interessi dei diversi soggetti e attribuendo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato poteri sanzionatori nei confronti delle società che non perseguono le finalità di beneficio comune.

Ciò premesso, la disciplina dei controlli sulle RSI è molto fluida e variegata.
Infatti, le metodologie su cui le valutazioni sulle RSI si basano possono essere, legittimamente, diverse. E quindi produrre risultati diversi.

E’ per questo che in questo settore la prassi, la credibilità e l’autorevolezza di alcune metodologie, adottate da alcuni enti o società di controllo internazionali, hanno avuto maggiore diffusione (v. ad esempio al Global 100 Most Sustainable Corporations della Corporate Knights; la Best 100 Global Brands di Interbrand; la Oekom Research, ecc.).

Vi sono poi classifiche che si concentrano solo su singoli aspetti delle RSI (quali ad es. l’impatto ambientale o il rispetto dei diritti umani o dei lavoratori).

Un ulteriore strumento che ha lo scopo di offrire una garanzia sulle perfomance di responsabilità sociale delle imprese sono le certificazioni (es. lil marchio europeo Ecolabel usato per certificare il ridotto impatto ambientale dei prodotti o dei servizi offerti; la Sa8000 in ambito di diritti umani e del lavoro; la Iso 14001 sulla gestione ambientale;  OHSAS 18001 per la salute e sicurezza sul lavoro; la Iso 26000 con funzioni di linee guida sulle RSI).

Infine, sotto il profilo interno, si stanno sempre più diffondendo le figure dei RSI manager, ovvero dirigenti specializzati che si occupano di sovrintendere tutti gli aspetti sociali e ambientali dell’attività di impresa.

Una vera RSI, non uno specchio per allodole.

Come magistralmente “denunciato” dal Papa Francesco nella Laudato si’ “il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe i valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine“.

In quest’ottica una diversa sensibilità del popolo, una ridefinizione del concetto stesso di progresso diventano elementi fondamentali.  Infatti, la modifica degli stili di vita e di abitudini potranno certamente essere da stimolo per un reale ed autentico cambiamento delle imprese e per rendere più “sostenibile” la produzione di beni e l’erogazione dei servizi. Del resto, esiste anche (e soprattutto) una responsabilità sociale dei cittadini/consumatori; e “acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico…

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