interrogatorio e avvisi

L’interrogatorio di persona indagata; che succede se non riceve tutti gli avvisi previsti dalla legge?

Le motivazioni della recente sentenza della Corte di Cassazione, I Sez. penale, n.11165/2015, depositata il 16/03/2015.

La legge prevede che la persona indagata di reato possa essere chiamata a rendere interrogatorio.
L’interrogatorio è uno strumento a cui ricorre generalmente – nella fase delle indagini preliminari – il Pubblico Ministero o la polizia giudiziaria (da PM delegata). Anche il giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare può disporlo in fase di convalida dell’arresto e in udienza.

Tale interrogatorio è regolato dall’art. 64 c.p.p. in forza del quale:
1. La persona sottoposta alle indagini, anche se in stato di custodia cautelare o se detenuta per altra causa, interviene libera all’interrogatorio, salve le cautele necessarie per prevenire il pericolo di fuga o di violenze.
2. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti.
3. Prima che abbia inizio l’interrogatorio, la persona deve essere avvertita che:
a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;
b) salvo quanto disposto dall’articolo 66, comma 1, ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso;
c) se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall’articolo 197 e le garanzie di cui all’articolo 197 bis.
3bis. L’inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b), rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell’avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potrà assumere, in ordine a detti fatti, l’ufficio di testimone“.

Ma cosa succede se il PM o la polizia giudiziaria ometta una delle dichiarazioni di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 64 c.p.p. ?

La Corte di Cassazione con una recentissima sentenza (depositata il 16 marzo 2016) ha affermato che le dichiarazioni accusatorie rese nel corso delle indagini preliminari alla polizia giudiziaria dall’indagato che abbia ricevuto solo gli avvisi previsti dall’art. 64, comma terzo, lett. b) e c) cod. proc. pen. e non quello di cui alla lettera a) della stessa disposizione, sono utilizzabili nei confronti dei soggetti indagati di reato connesso ma non anche nei riguardi del dichiarante.

In particolare, la Suprema Corte – colmando le lacune del comma 3 bis dell’art. 64 c.p.p. – ha avuto modo di precisare che:

— se è omesso l’avviso di cui all’art. b) dell’art. 64 c.p.p. (ovvero l’avviso della facoltà di non rispondere) le dichiarazioni sono totalmente inutilizzabili;

— se è omesso l’avviso di cui all’art. c) dell’art. 64 c.p.p. (ovvero l’avviso degli effetti delle dichiarazioni su altri) le dichiarazioni sono utilizzabili sono contro il dichiarante;

— se, infine, manca l’avviso di cui all’art. a) dell’art. 64 c.p.p. (ovvero l’avviso degli effetti delle dichiarazioni su se stesso) le dichiarazioni sono saranno utilizzabili sono nei confronti dei terzi.

In allegato il testo integrale della sentenza della Corte di Cassazione, I Sez. penale, n.11165/2015, depositata il 16/03/2015.

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