Codice degli appalti – D. Lgs. n.50/2016

Il nuovo codice degli appalti: un capolavoro (negativo) di (inco)scienza del diritto.

La nuova “magna opera” si presenta come un parziale pasticcio linguistico, logico e giuridico.

Il vademecum sulle principali novità del codice degli appalti.

 

I. Considerazioni preliminari

Concepire questo articolo è stata, davvero, un’impresa ardua. Infatti, è difficile commentare un testo scritto in modo alquanto contorto e confuso, sia dal punto di vista linguistisco che logico; con articoli così lunghi e, a volte, scoordinati fra loro.
Certo, si doveva dare attuazione ad una serie di direttive UE, e lo si è fatto nel rispetto dei termini previsti, ma il risultato è quello di avere dato vita ad una brutta opera codicistica.

Più in particolare, come sostenuto dal Dott. Carlo Modica de Mohac (Consigliere di Stato), i principali rilievi che si possono muovere al testo sono i seguenti:
1) <<nella ricerca della disciplina da applicare alle varie fattispecie, l’interprete è spesso chiamato a “saltellare” fra le varie norme che si richiamano (talvolta reciprocamente) o che rinviano a norme successive introducendo deroghe a quelle più generali; e finanche deroghe alle deroghe (in una sorte incessante di caccia al tesoro). Le fattispecie devono essere ricostruite, cioè, mediante l’accorpamento (e cioè la pragmatica operazione materiale di “copia ed incolla”) di pericopi ubicate in norme situate in differenti (reictus: nei più disparati e talvolta marginali) “luoghi” (sezioni e capi) del complesso testo>>;
2) <<un altro elemento di criticità è dato dal fatto che talvolta le norme che “richiamano” altre norme ne condizionano l’applicabilità alla loro concreta (ma ipotetica) “compatibilità” con il più specifico regime al quale dovrebbero innestarsi. Accade, cioè, che nell’utilizzare l’istituto del “rinvio”, il Legislatore richiami talune norme (utilizzando la formula) “in quanto compatibili”. Il che evidentemente determina l’apertura di varchi interpretativi atti ad aprire una notevole mole di contezioso>>;
3) <<altre volte si ha la sensazione che il Legislatore abbia utilizzato categorie giuridiche in uso presso ordinamenti di altri Paesi (o in uso presso ambienti culturari prettamente comunitari) senza considerare che nel nostro non hanno ancora raggiunto sufficente grado di regolamentazione>>.

Insomma, è lontano il traguardo della chiarezza e semplicità degli atti legislativi; anzi, si è proceduto in direzione opposta e contraria. Con cittadini e imprese che continueranno a provare (sempre di più) una sensazione di estranietà, se non di avversione, verso le istituzioni e il diritto.
Inoltre, sono attesi circa sessanta provvedimenti attuativi al D. Lgs. n.50/2016, fra cui le importanti linee guida dell’ANAC (autorità nazionale anticorruzione) e una notevole mole di contezioso, con riferimento agli ampi varchi interpretativi e l’estrema cripticità del testo legislativo.

Purtroppo, e non potrò essere definito “Cassandra” per quello che sto dicendo, questa importante disciplina sui contratti pubblici avrà ripercussioni negative nei rapporti fra privati e pubblica amministrazione, in termini di contrazione della spesa pubblica e di danni al sistema imprenditoriale “sano” del nostro paese che lavora con il settore pubblico.

II. Le principali novità della riforma dei contratti pubblici.

Cerchiamo di entrare, adesso, più nello specifico del contenuto e della portata della riforma.

a) L’efficacia
Il nuovo codice si applicherà alle procedure ed ai contratti per i quali i bandi o gli avvisi, con cui si indice la procedura di scelta del contraente, siano stati pubblicati dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo.
Inoltre, la nuova disciplina si applicherà ai contratti per i quali non è prevista la pubblicità in bandi e avvisi, se non sono stati ancora invitate le imprese a presentare le offerte.

L’entrata in vigore del nuovo codice ha, contemporaneamente, determinato la soppressione immediata del D. Lgs. n.163/2006 (il “vecchio” codice degli appalti). Con un unica precisazione/eccezione a carattere generale: le norme del precedente codice non incompatibili con la nuova disciplina decadranno, comunque, entro la fine del 2016.

Altra questione, purtroppo anche questa oggetto di confusione, riguarda la “successione” al regolamento attuativo del codice del 2006 (il DPR n.207/2010); questa unica fonte regolamentare verrà sostituita da una miriade di atti emanati dall’ANAC, della Presidenza del Consiglio, dal Ministero delle Infrastrutture, dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e da altri organi ancora. Il più che probabile caos relativo alla plurarità di provvedimenti e di soggetti che attueranno il nuovo codice, è già stato oggetto del parere del 1 aprile, con il quale il Consiglio di Stato ha espresso la sua “preoccupazione”.
Nel frattempo, in attesa di questa esplosione compulsiva di norme di attuazione, il regolamento del 2010 rimarrà in vigore.

b) le “nuove” e più alte soglie comunitarie

In realtà le soglie di rilevanza comunitaria per gli appalti pubblici nei servizi ordinari e speciali (direttive 2014/24/24/Ue e 2014/25/Ue) e per le concessioni (direttiva 2013/23/Ue) sono già state modificate a partire dal 1 gennaio 2016, e sono oggi riportate nell’art. 35 del codice degli appalti.

Le soglie di rilevanza comunitaria indicano gli importi della gara sopra i quali si applica la disciplina Ue degli appalti, quella prevista dal nuovo codice degli appalti e sono state riviste dal regolamento 2015/2170/Ue.

Di seguito lo schema riepilogativo:

Tipologia

Soglie precedenti

Soglie attuali

Lavori

[settori ordinari]

5.186.000,00 € 5.225.000,00 €
Servizi e forniture [settori ordinari]   207.000,00 €   209.000,00 €
Servizi e forniture

[Aut. Gov. Centrale]

 134.000,00 €    135.000,00 €
Servizi e forniture [settori speciali]   414.000,00 €   418.000,00 €

n.b. i settori speciali sono gas, energia elettrica, elettricità, acqua, servizi di trasporto, portuali ed aereoportuali, sevizi postali, estrazione di gas, prospezione ed estrazione di carbone o di altri combustibili solidi.

c) i rapporti fra Stato e Regioni a statuto ordinario e speciale

Per le ragioni a statuto ordinario, la questione è relativamente semplice: queste, infatti, esercitano le funzioni di propria competenza nel settore degli appalti (v. art. 117 Cost.), nel rispetto dei vincoli derivanti dall’unione europea e dal codice degli appalti (v. art. 2 cod. app.).
Per gli appalti sopra soglia, quindi, le direttive europee sono immediatamente applicabili unitamente al nuovo codice che ne costituisce attuazione.
Per gli appalti sotto soglia, invece, si impone alle regioni il rispetto dei principi di economicità, efficacia, trasparenza, proporzionalità e pubblicità (v. art. 4 cod. app.).

Per le regioni a statuto speciale (e le Province di Trento e Bolzano) è previsto l’obbligo di adeguare la propria legislazione secondo le disposizioni contenuti negli statuti e nelle relative norme di attuazione alle norme del nuovo codice degli appalti.
E’ bene, però, aggiungere che nei casi in cui il d. lgs. n.50/2016 attua le direttive europee (ovvero nella maggior parte del proprio testo), le norme del codice de quo saranno immediatamente applicate nelle Regioni a statuto speciale, previa semplice disapplicazione delle norme regionali contrastanti, anche in mancanza di un recepimento diretto.

Stessa cosa avverrà, ovviamente, anche con riferimento ai regolamenti e direttive europee, in generale, che – come noto – sono immediatamente cogendi nei singoli stati comunitari.

d) il ruolo nevralgico e centrale dell’Anac
Nel nuovo codice degli appalti, l’autorità nazionale anti corruzione ricopre un ruolo centrale con diverse e molteplici funzioni.
Questo è una delle parti del testo legislativo che si discosta dalla disciplina delle direttive europee, nelle quali non vi è stata alcuna indicazione sulla istituzione di autorità di settore con funzioni di controllo e di vigilanza.

Nel previgente sistema (D. Lgs. n.163/2006) il ruolo di autorità di vigilanza e controllo era attribuito all’AVCP (l’autorità di vigilanza sui contratti pubblici), i cui poteri sono stati, poi, trasferiti all’Anac (v. d.l. n.90/2014).

Oggi, quindi, l’Anac – organismo pubblico indipendente – esercita sia i poteri di vigilanza e controllo in materia di anticorruzione, sia quelli di vigilanza e regolazione nelle procedure dei lavori pubblici, servizi e forniture.

Nel nuovo impianto legislativo, l’Anac è chiamata ad assolvere diverse e molteplici funzioni di tipo autorizzativo, di controllo, di tenuta di albi, elenchi e banche dati, di consultazione e parere, anche obbligatorio, di iniziativa, di accertamento, di denuncia e di carattere sanzionatorio (si veda ad es. gli artt. 24, c. 2, 83, c. 10, 84, 106, c.6, 110, c.3, 111, c. 2, 211, c. 2, 213, codice degli appalti); di importante rilievo sono, in particolare, l’emissione di pareri vincolanti di precontenzioso e il potere di ordinare alle stazioni appaltanti di provvedere in autotutela nel caso di provvedimenti illegittimi.

Inoltre, l’Autorità avrà il compito di istituire, gestire e aggiornare l’albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici. I componenti delle commissioni saranno successivamente individuati mediante pubblico sorteggio da una lista di nominativi di numero almeno doppio dei componenti da nominare, comunicata dalla Anac alla stazione appaltante. Peccato che tale nuova disciplina non verrà applicata nei contratti sotto soglia comunitaria e per quelli che “non presentano particolare complessità” (v. art. 35 cod. app.), ovvero nella stragrande maggioranza dei casi…

Ma l’aspetto più importante risiede, forse, nel potere normativo vincolante. L’Anac è, infatti, il perno del sistema della c.d. disciplina flessibile dei contratti pubblici che dovrà sostituire l’adozione di unico regolamento di esecuzione come quello previgente (il DPR n.207/2010).

Il pericolo, come già affermato, è quello di dar vita ad un caos nella regolamentazione del settore degli appalti per il numero molto elevato di atti attuativi da emanare, peraltro, da diverse Autorità.

Altra questione riguarda la incerta natura regolamentare o/e di mero indirizzo dei provvedimenti emanati dall’Anac.
Con riferimento a quest’ultima questione sono diverse le parti del codice degli appalti che prevedono poteri normativi tipicizzati e dettagliati dell’Anac, per cui si sarebbe in presenza di un potere di tipo regolamentare (si v. ad es. gli artt. 31, c. 5, 36, c. 7, 38, c. 6 e 7, 71, 73, c. 4, 80, c. 13, 83, c. 2, 110, c. 5, lett. b, 177, c. 3, 197, codice degli appalti), anche se in alcuni casi le norme prevedono la deroga motivata o la disapplicazione della regola (e in tali situazioni si sarebbe, allora, di fronte ad un mero atto di indirizzo).

Infine, l’art. 213, c. 2, cod. app. prevede un’attribuzione “atipica” di poteri normativi (?) dell’Anac attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo, ed altri strumenti di regolamentazione flessibili, comunque denominati, garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti.

Con il parere del 1.4.2016 il Consiglio di Stato si è espresso sulla natura delle decisioni dell’Anac aventi efficacia vincolante: esse andrebbero ricondotte all’interno della categoria dei semplici atti generali di regolazione delle Autorità amministrative indipendenti e non in quelli a contenuto regolamentare e normativo.
Anche se, come è stato correttamente sostenuto, “proprio la mancata previsione dell’adozione di un regolamento esecutivo unico del codice e il continuo rinvio a tal fine a norme di dettaglio a cura dell’Anac, da sola o d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e trasporti, rivela viceversa la natura propriamente normativa di tali poteri, che non possono che avere carattere generale e astratto in relazione alle funzioni che sono chiamati ad adempiere (…). Anche nel caso delle linee guida vincolanti erga omnes adottate ex se dell’Anac, non si tratta più di meri inviti disapplicabili con congrua motivazione (c.d. soft law), ma di vere e proprie norme attuative, come la loro espressa funzione di dettaglio, a valle delle norme primarie, rileva chairamente” (Dott. Massimo Balloriani, magistrato Tar).

In questo caso si è di fronte ad una potenziale (e delicata) problematica: le autorità indipendenti, come noto, non sono organi ai quali la Costituzione riconosce espressamente il potere di adottare atti normativi secondari; ma, nel rispetto del principio di legalità formale e sostanziale, il legislatore ordinario può attribuire ad esse un potere normativo regolamentare a due condizioni: se il potere stesso è  sufficientemente determinato e riguarda specifici e tipici casi, .

Ecco allora che un l’attribuzione di un potere di emanazione di linee guida e altri strumenti di regolamentazione flessibile, comunque denominati (v. art. 213, c. 2, cod. app.), si concretizzerebbe nel riconoscimento di un generale e generico potere normativo vincolante non ammissibile.

Infatti si violerebbe proprio il principio di legalità sostanziale e formale e si determinerebbe, inoltre, un contrasto con il potere regolamentare che spetta alle regioni nelle materie esclusive e concorrenti, riconosciuto dalla Costituzione.

Concludendo, nel caso dell’emanazione di atti generali previsti dalla norma residuale di cui all’art. 213, 2 c., cod. app., questi dovrebbero considersi come semplici atti di indirizzo che ben potrebbero essere disapplicati dalle stazioni appaltanti.

E’ appena il caso, infine, di precisare che decisioni e gli atti assunti dall’Anac sono impugnabili dinnanzi alla giustizia amministrativa e, nel caso di esercizio del potere regolamentare, potrebbero essere semplicemente disapplicate (senza l’onere di impugnabilità immediata) dal Giudice Amministrativo, nel rispetto del principio di gerarchia delle fonti.

e) i sistemi negoziali

Il nuovo codice prevede le seguenti tipologie di contratti:
1) il contratto di appalto (contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi);
2) il contratto di concessione (contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto tra una o più stazioni appaltanti affidano l’esecuzione di lavori o la fornitura e la gestione di servizi ad una o più operatori economici, riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire le opere del contratto o il diritto di gestire il servizio o tali diritti accompagnati ad un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione di opere o dei servizi);
3) il partenariato pubblico-privato (espressione con cui si fa riferimento alle forme di cooperazione tra i poteri pubblici e i privati che hanno lo scopo di finanziare, costruire e gestire infrastrutture o fornire servizi di interesse pubblico);
4) l’affidamento in house (si ha gestione in house allorché le pubbliche amministrazioni realizzano le attività di loro competenza attraverso propri organismi, senza quindi ricorrere al mercato per procurarsi  i lavori, i servizi e le forniture ad esse occorrenti o per erogare alla collettività prestazioni di pubblico servizio);
5) l’affidamento a contraente generale (con il contratto di affidamento unitario a contraente generale, il soggetto aggiudicatore affida ad un soggetto dotato di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria la realizzazione con qualsiasi mezzo dell’opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto definitivo redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara).

In questo settore, purtroppo, si manifestano i “pasticci” dell’opera del legislatore governativo. Infatti, è assente un’organinica sistemazione della materia, con il pericolo di indurre in errore l’interprete.

Infatti, non esiste una disciplina generale o di base per le varie forme contrattuali tipicizzate, e si è proceduto, invece, ad un labirinto normativo caratterizzato da norme di rinvio (v. art. 164 cod. app. sulle concessioni che – in modo alquanto contorto – dichiara l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 33 all’art. 93 in materia di appalti).

E’ bene allora affermare che per quanto concerne il contratto di appalto e quello di concessione – almeno per alcuni aspetti – vi sono principi e regolamentazioni comuni.
In particolare, le regole generali che riguardano le gare e le aggiudicazioni sono, sostanzialmente, uguali (si veda ad es. la disciplina delle procedure di affidamento, le procedure ad evidenza pubblica e metodi di pubblicità, i criteri di aggiudicazione ect.).

Inoltre, anche fra i sistemi tradizionali e il partenariato pubblico-privato, l’affidamento in house e l’affidamento a contraente generale è ravvisabile una comune disciplina di base (v. art. 180 e 181 cod. app.).

Insomma, sembrerebbe che le norme sull’evidenza pubblica, sulla pubblicazione e pubblicità dei bandi, sui sistemi di qualificazione, sui requisiti di idoneità e sui criteri di aggiudicazione e di comunicazione con le ditte partecipanti, si presentino come norma a carattere generale, applicabili a tutti i sistemi di contrattazione, seppur inseriti in modo disorganico nel codice degli appalti.

f) la qualificazione delle stazioni appaltanti e i requisiti degli operatori economici

1) Importanti novità sono previste con rigerimento ai c.d. obblighi di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza (v. artt. 37 e 38 cod. app.).
In particolare, sarà istituito presso l’Anac un elenco delle stazioni appaltanti qualificate e delle centrali di committenza. La qualificazione è conseguita in rapporto agli ambiti di attività, ai bacini territoriali, alle tipologie e comlessità del contratto e per fasce d’importo. Si richiedono determinate capacità (di programmazione e progettazione, di affidamento, di verifica e controllo di tutta la procedura, incluso il collaudo o la messa in opera), requisiti base (strutture organizzative adeguate, sistema di formazione e aggiornameto del personale, gare svolte, verifica consuntivi di spesa, tempi di esecuzione delle procedure di affidamente, aggiudicazione e collaudo) e requisiti premianti (adozione misure di prevenzione sulla corruzione e promozione di legalità, sistemi e certificazioni di qualità, disponibilità di tecnologie telematiche, sostenibilità ambientale e sociale, livello di soccombenza nel contenzioso).

L’Anac avrà il compito di formale e pubblicizzare l’elenco delle stazioni appaltanti, verificandone la presenza dei requisiti e capacità richiesti.

Infine, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la semplificazione della pubblica amministrazione (entro 90 gg. dall’entrata in vigore del codice) sentite l’ANAC e la Conferenza Unificata, saranno definiti i requisiti tecnico organizzativi per l’iscrizione all’elenco, in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione.

E’ bene, per ultimo, ricordare che il nuovo sistema di qualificazione non sarà applicato per l’acquisto di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 € e di lavori inferiori a 150.000 €. In questi casi, qualsiasi stazione appaltante potrà procedere direttamente ed autonomamente alla procedura.

2) Con riferimento, invece, agli operatori economici sono state introdotte importanti novità rispetto al previgente sistema.
In primo luogo con riferimento ai requisiti base per la partecipazione alle gare, ai requisiti di idoneità professionale-finanziaria e alle capacità tecniche-professionali (v. artt. 80 e 83 cod. app.).

Inoltre, sarà istituito presso l’Ancac, il sistema del rating di impresa e delle relative penalità e premialità, da applicarsi ai soli fini della qualificazione delle imprese, per il quale l’Autorità rilascia apposita certificazione. Il suddetto sistema è connesso a requisiti reputazionali valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimono la capacità strutturale e di affidabilità dell’impresa.
Rientra nell’ambito dell’attività di gestione del suddetto sistema, la determinazione da parte di Anac di misure sanzionatorie amministrative nei casi di omessa o tardiva denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di contratti pubblici, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi, il c.d. rating di legalità, nonché i precendi comportamenti dell’impresa nell’esecuzione dei lavori e sulla regolarità contributiva.

g) le procedure di aggiudicazione e criteri di aggiudicazione

1) Il nuovo codice degli appalti individua sei procedure di scelta del contraente da aperte della pubblica amministrazione.
Due a caratte generale e alternativo: la procedura aperta (v. art. 60 cod. app.) e la procedura ristretta (v. art. 61 cod. app.), che sono precedute dalla pubblicazione di un bando o di un avviso di indizione di gara. La differenza rimane quella di sempre: nella procedura aperta, qualunque operatore in possesso dei requisiti, presenta un’offerta in risposta di un bando di gara; in quella ristretta, invece, gli operatori economici interessati presentano una domanda di partecipazione in risposta ad un avviso pubblico, e successivamente solo gli operatori invitati possono presentare offerte.

Quattro sono le c.d. procedure speciali: la procedura competitiva con negoziazione (v. art. 62 cod. app.); la procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara (v. art. 63 cod. app.); il dialogo competitivo (v. art. 64 cod. app.); il partenariato per l’innovazione (v. art. 65 cod. app.).

2) Il  codice degli appalti prevede tre criteri di aggiudicazione (v. art. 95 cod. app.); infatti, ai due “storici” del prezzo più basso e del miglior rapporto qualità/prezzo, si aggiunge il “nuovo” criterio di comparazione costo/efficacia.

Sotto altro aspetto, invece, viene rimodellato il sistema fra i due classici criteri, con l’individuazione e l’elezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa a criterio “principe” a cui le stazioni appaltanti devono fare riferimento.

Nei prossimi articoli si affronteranno altre due questioni di rilievo con riferimento al codice degli appalti:
– l’impatto del nuovo assetto nel settore del contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione;
– le nuove norme sul contenzioso con riferimento all’esclusione/ammissione alle gare pubbliche.

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