17 Feb La prescrizione, vademecum aggiornato, decorso, casi di sospensione e interruzione
LA PRESCRIZIONE NEL DIRITTO PENALE – artt. 157-161 c.p.
PRIMA E DOPO L’INTERVENTO DELLA LEGGE EX CIRIELLI
Il Vademecum sulla prescrizione
“Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò
che noi facciamo mentre sta passando” (Albert Einstein).
“La prescrizione del reato, come è noto, è un istituto di natura sostanziale che collega l’effetto estintivo del reato al decorso del tempo previsto dalla legge senza che sia intervenuta una sentenza di condanna irrevocabile. La ratio della prescrizione va rinvenuta nell’affievolimento dell’interesse dello Stato ad attuare la pretesa punitiva nei confronti del reo. Il trascorrere del tempo, inoltre, influisce anche sulla prevenzione generale, che è tanto meno efficace quanto più tardi si fa luogo all’accertamento dell’illecito penale e alla conseguente punizione. Su altro versante chi individua il fondamento della prescrizione nel venire meno della funzione di prevenzione speciale della pena, sul rilievo secondo cui, con il decorso del tempo, può cessare la pericolosità sociale del reo” (Roberto Garofali nel manuale di Diritto Penale).
I) art. 157 prescrizione (come modificato dall’art. 6, comma 1, della legge n. 251/2005). tempo necessario a prescrivere.
“La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorchè puniti con la sola pena pecuniaria.
Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante.
Non si applicano le disposizioni dell’art. 69 e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma.
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.
Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni.
I termini di cui ai commi che precedono sono raddoppiati per i reati di cui agli articoli 449 e 589, secondo, terzo e quarto comma, nonché per i reati di cui all’articolo 51, commi 3 bis e 3-quater, del codice di procedura penale. I termini di cui ai commi che precedono sono altresì raddoppiati per i delitti di cui al titolo VI-bis del libro secondo, per il reato di cui all’art. 572 e per i reati di cui alla sezione I del capo III del titolo XII del libro II e di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, salvo che risulti la sussistenza delle circostanze attenuanti contemplate dal terzo comma dell’articolo 609-bis ovvero dal quarto comma dell’articolo 609-quater – [comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. c-bis), D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, dall’art. 4, comma 1, lett. a), L. 1° ottobre 2012, n. 172 e, successivamente, dall’art. 1, comma 6, L. 22 maggio 2015, n. 68, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’art. 3, comma 1 della medesima L. 68/2015. n.b. La Corte costituzionale, con sentenza 19-25 maggio 2014, n. 143 (Gazz. Uff. 4 giugno 2014, n. 24 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede che i termini di cui ai precedenti commi del presente articolo sono raddoppiati per il reato di incendio colposo (art. 449, in riferimento all’art. 423 C.P.). Infatti, l’effetto paradossale di tale previsione era che per il reato di incendio colposo veniva richiesto un termine prescrizionale di 12 anni, ben più ampio di quello di 7 anni, richiesto per la corrispettiva figura dolosa (art. 423 c.p.)]–.
La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato. La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti”.
a) Introduzione.
L’istituto della prescrizione, come detto, nel diritto penale trae fondamento dal venir meno, con il decorrere del tempo, delle esigenze di prevenzione generale che presiedono alla repressione dei reati. Infatti, dopo un determinato lasso di tempo, l’esercizio della funzione repressiva appare inutile e inopportuna, essendosi attenuato notevolmente l’allarme sociale causato dalla commissione del reato. Analogo discorso non vale per i reati per cui è prevista la pena dell’ergastolo, che sono comunque imprescrittibili, in considerazione della loro gravità e del fatto che non attenuano l’interesse dello Stato alla loro repressione.
b) I nuovi termini di prescrizione del reato.
La disciplina giuridica della prescrizione, di cui all’art. 157 c.p., così come novellata dalla legge 5.12.2005 n. 215 (c.d. legge ex Cirielli), prevede che la prescrizione estingue il reato, decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e, comunque, un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione.
Mentre prima della riforma introdotta dalla l. n. 251/2005, il tempo necessario a prescrivere veniva calcolato sulla base della pena massima prevista in astratto dal legislatore1, invece, nella formulazione attuale dell’art. 157 c.p., il tempo necessario a prescrivere corrisponde direttamente al massimo della pena edittale.
In altri termini: mentre in precedenza si determinava la durata della prescrizione in scaglioni di cinque anni e multipli di cinque, a seconda della fascia cui apparteneva la pena massima dell’illecito contestato al reo, fissando, ad esempio, la prescrizione in dieci anni, per i delitti puniti, nel massimo, con la pena della reclusione non inferiore a cinque anni; oggi, invece, si guarda direttamente alla pena massima per un determinato reato, senza la necessità di un ulteriore passaggio logico, perché l’entità della pena corrisponde automaticamente al tempo necessario perché si prescriva. Si prevedono, peraltro, due limiti: nel caso di delitto, il tempo non può mai essere inferiore ai sei anni; nel caso di contravvenzione, invece, a quattro.
In generale, nonostante alcune significative eccezioni, è possibile affermare che la modifica normativa ha portato ad una complessiva abbreviazione dei tempi prescrizionali.
A titolo esemplificativo, basti rilevare che il reato di ricettazione, di cui all’art. 648 c.p. (“chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve o occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329”), si estingue in otto anni, mentre prima era previsto che i reati puniti con pena detentiva compresa tra cinque e dieci anni si prescrivessero in dieci anni.
L’unica eccezione a tale complessiva riduzione dei termini riguarda il c.d. illecito “bagatellare” o di minore gravità, e cioè quei delitti astrattamente puniti con una pena detentiva massima inferiore ai cinque anni e tutte le contravvenzioni. Infatti, prima della riforma, per tali reati erano previsti termini più brevi rispetto ad oggi: ad esempio per i delitti puniti con una pena detentiva inferiore nel massimo a cinque anni, la prescrizione era fissata in cinque anni, mentre oggi essa è fissata in sei anni.
Anche per le contravvenzioni, in passato, il termine prescrizionale era sempre più breve: tre anni per tutte le contravvenzioni punite con la pena detentiva (sola, congiunta o alternativa a quella pecuniaria) e addirittura due anni per quelle contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda. Per effetto invece della riforma, il limite prescrizionale sale per tutte le contravvenzioni (comunque punite, anche solo con la pena pecuniaria) a quattro anni.
Con l’entrata in vigore dell’ex Cirielli, inoltre, è stato previsto un regime sensibilmente differente rispetto all’assetto normativo previgente, per tutti quei delitti puniti con una pena detentiva superiore a cinque anni, ma non oltre i sei. Infatti, mentre in passato per tali reati il termine di prescrizione era fissato in dieci anni ai sensi del vecchio art. 157, 1° co., n. 3, c.p., oggi, al contrario, il termine viene fissato in sei anni. Quindi, anche in queste ipotesi (ed, al contrario, delle fattispecie “bagattellari”, punite cioè con pena inferiore a cinque anni, che invece subiscono un inasprimento del regime prescrittivo) la l. 251/05 determina un regime di maggior favore per il reo, perché accorcia notevolmente il termine prescrizionale.
La modifica del 1° comma dell’art. 157 c.p., dunque, ha portato ad una generale riduzione dei termini prescrizionali, tranne che per le ipotesi criminose meno gravi, in cui invece, paradossalmente, si riscontra un inasprimento del regime prescrizionale.
c) Il mutamento del regime normativo delle circostanze nell’art. 157, 2° e 3° co. c.p.
Secondo il regime attuale della prescrizione ai fini del decorso del tempo necessario a prescrivere un reato si deve avere riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisca una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale (aumento della pena superiore ad un terzo), nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante.
Inoltre, non si applicano le disposizioni dell’art. 69 sul concorso di circostanze aggravanti e attenuanti e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma.
Prima della riforma del 2005, invece, per determinare la pena di riferimento per il calcolo della prescrizione si aveva riguardo “al massimo della pena stabilita dalla legge per il reato, consumato o tentato, tenuto conto dell’aumento massimo di pena stabilito per le circostanze aggravanti, e della diminuzione minima stabilita per le circostanze attenuanti” (art. 157, 2° co., c.p.). Nel caso, poi, di concorso di circostanze aggravanti e di circostanze attenuanti si applicavano, a tale effetto, le disposizioni dell’art. 69 c.p., in tema di giudizio di comparazione (art. 157, 3° co., c.p.). In altre parole, si ammetteva che, nel calcolo della pena di riferimento, potessero influire anche gli elementi accidentali del reato.
Sul punto, come accennato poc’anzi, è intervenuta la l. 5 dicembre 2005, n. 251 modificando radicalmente l’assetto previgente e capovolgendo sostanzialmente l’impianto normativo dell’art. 157, 2° e 3° co., c.p.
In base all’attuale disposizione, infatti, la pena da considerare come parametro di riferimento per il calcolo della prescrizione è unicamente quella che risulta dalla cornice edittale, senza peraltro considerare l’incidenza delle circostanze, aggravanti o attenuanti, né un loro eventuale bilanciamento.
La riforma ha voluto, dunque, ancorare la determinazione del tempo prescrizionale unicamente a parametri obiettivi e automatici e creare regole certe e sicure per estinguere l’episodio criminoso. Si è voluto, cioè, soddisfare l’esigenza di assicurare maggiore certezza al calcolo del tempo necessario a prescrivere, facendo in modo che tale calcolo non dipenda da una valutazione giudiziale postuma e ampiamente discrezionale degli elementi circostanziali.
Le uniche eccezioni a questo sistema riguardano le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e quelle ad effetto speciale, che dovranno sempre essere considerate nella loro estensione massima. In questo modo il nuovo art. 157 comma 2, detta una disciplina differenziata per la recidiva reiterata, per cui i termini prescrizionali si allungano. Solo la recidiva semplice, per cui si è mantenuto l’aumento di pena fino ad un terzo, infatti, sfugge a questo meccanismo di allungamento dei termini prescrizionali.
d) Le altre modifiche apportate all’art. 157 c.p.
Oltre alla riforma relativa al computo del termine di durata della prescrizione, l’art. 6 della l. n. 251/2005, dunque, ha ulteriormente modificato l’impianto originario dell’art. 157 c.p. E’, invece, rimasto sostanzialmente invariato il metodo di calcolo del tempo prescrizionale nel caso di reato per cui la legge stabilisce, congiuntamente o alternativamente, la pena detentiva e la pena pecuniaria. Quindi, come in passato, nel caso in cui un determinato reato venga punito con pena detentiva e, cumulativamente o in alternativa, con pena pecuniaria, per il calcolo del tempo di prescrizione, si ha riguardo esclusivamente alla pena detentiva.
Soffermandosi sulle principali novità introdotte dalla c.d. ex Cirielli, nel testo dell’art. 157 c.p., si rileva che l’art. 6 di questa legge ha inserito un 5° comma nella previsione in esame, per disciplinare il calcolo del tempo, nell’ipotesi in cui un reato non sia sanzionato né con pene detentive, né con pena pecuniarie, come ad esempio nel caso delle sanzioni di permanenza domiciliare o di lavoro di pubblica utilità, emesse dal giudice di pace.
In questi casi, secondo il nuovo legislatore, il tetto prescrizionale si abbassa a soli tre anni. Questa esiguità temporale viene giustificata dalla semplicità della procedura che viene adottata per l’irrogazione delle suddette sanzioni, dato che si circoscrive l’appello a determinate situazioni. In questo senso, infatti, l’art. 37 del d.lgs. 274/00 circoscrive la possibilità dell’imputato all’impugnazione secondo il tipo di pena che sia stata in concreto applicata dal giudice.
Resta, peraltro, aperto il problema della durata del termine di prescrizione, nel caso in cui il reato, di fronte al giudice di pace, preveda una sanzione pecuniaria, e non una sanzione alternativa. Stando alla lettera della norma, tale ipotesi, non essendo espressamente prevista nel 5° comma dell’art. 157 c.p., è destinata a confluire nella previsione generale di cui al 1° comma.
In tal modo, allora, per quei reati, di competenza del giudice di pace, puniti con la pena pecuniaria, il termine di prescrizione è di quattro anni. Questa disparità di trattamento dei termini prescrizionali per i reati di competenza del giudice di pace ha già sollevato qualche dubbio di compatibilità costituzionale, in relazione all’art. 3 Cost. (principio di uguaglianza), visto che per la sanzione più lieve, e cioè la pena pecuniaria, viene stabilita una scadenza processuale più lunga (quattro anni) rispetto alle sanzioni più gravi, e cioè la permanenza domiciliare o il lavoro di pubblica utilità, che si prescrivono in soli tre anni2.
In secondo luogo, la c.d. ex Cirielli ha inserito un 6° comma nell’art. 157 c.p., in cui si stabilisce un raddoppiamento del termine prescrizionale per talune tipologie di reati espressamente indicate.
In terzo luogo, sempre relativamente alle modifiche apportate dalla riforma, deve essere sottolineata l’espressa previsione, al comma 7 dell’art. 157 c.p., della rinunciabilità alla prescrizione, sebbene peraltro si trattasse di un principio già acquisito a seguito dell’intervento della Corte costituzionale, ai fini di garantire il diritto costituzionale alla difesa in giudizio (Corte cost. 275/90, in Cass. pen., 1990, p. 2076). A questo proposito, è opportuno sottolineare la necessità che la rinuncia alla avvenuta prescrizione sia espressa, andando così ad escludere la rilevanza di qualsiasi forma di rinuncia “tacita” o “per comportamenti concludenti”.
Infine, mentre in passato si deduceva l’imprescrittibilità dei reati puniti con la pena dell’ergastolo dal fatto che tali ipotesi non erano espressamente contemplate dall’art. 157 c.p. e che, quindi, per esse non erano previsti termini di prescrizione , oggi, invece, in base al comma 8, dell’art. 157 c.p. si stabilisce che “la prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti”.
In particolare, l’inciso vale ad escludere la prescrizione anche nel caso in cui la pena perpetua derivi dall’applicazione di circostanze aggravanti, determinando così l’imprescrittibilità non solo di tutti i reati originariamente puniti con la pena base dell’ergastolo, ma anche di quelli che lo diventano successivamente. Si tratta di tutti quei reati che, pur non essendo puniti di per sé con la pena perpetua, raggiungono tale misura attraverso l’operare di determinate circostanze aggravanti ad effetto speciale.
II) Art. 158 Decorrenza del termine della prescrizione.
“Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza.
Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno, nei reati punibili a querela, istanza o richiesta, il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato”.
a) La prescrizione per i reati consumati.
La decorrenza del termine di prescrizione, per i reati consumati, inizia dal giorno in cui si è esaurita la condotta illecita, quindi il computo comincia dalle ore zero del giorno successivo a quello in cui si è manifestata compiutamente la previsione criminosa e termina alle ore ventiquattro del giorno finale calcolato secondo il calendario comune.
Poiché il termine di prescrizione del reato coincide con l’ultimo momento del giorno calcolato secondo il calendario comune, ai fini della prescrizione non assume rilevanza l’ora della consumazione dello stesso.
Qualora vi sia incertezza sulla data di consumazione del reato o, comunque, sul momento iniziale del termine di prescrizione, si applica il principio in dubio pro reo, pertanto anche in questi casi deve pronunciarsi declaratoria di estinzione del reato, perché il termine di decorrenza va computato secondo il maggior vantaggio per l’imputato. Si badi bene, però, che il principio del favor rei, in tema di causa di estinzione del reato, va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o sull’inizio del termine della prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche.
b) La prescrizione per i reati tentati.
Per quanto concerne la decorrenza del termine di prescrizione per i reati tentati rileva il giorno in cui il reo ha compiuto l’ultimo atto qualificabile come tentativo e non il giorno in cui la condotta illecita viene scoperta o il reato non può più essere consumato per cause indipendenti dalla volontà dell’agente.
c) La prescrizione per i reati permanenti.
Il termine necessario a prescrivere per i reati permanenti, invece, decorre dal momento in cui è cessata la permanenza.
I reati permanenti sono caratterizzati da una situazione antigiuridica che si protrae nel tempo a causa del perdurare della condotta di un soggetto. In questi casi il momento perfezionativo del reato si ha quando si realizza il minimum di mantenimento della situazione necessaria per la sussistenza del reato, mentre il momento consumativo si ha quando cessa la condotta volontaria di mantenimento, protrattasi nel tempo.
d) La prescrizione per i reati continuati e per il concorso formale di reati.
La disciplina della decorrenza del termine prescrizionale risulta modificata, dalla l. n. 251/2005, solo limitatamente al reato continuato. Infatti il dies a quo di decorrenza della prescrizione in caso di continuazione va individuato nella data di commissione del reato e non più, come per il reato permanente, in quella di cessazione della continuazione. A tal proposito, peraltro, bisogna fare riferimento alla data di consumazione di ciascun reato che compone la sequenza criminosa. Ciò comporta che, ai fini della prescrizione, nel caso in cui tali reati siano stati commessi in tempi diversi, bisognerà procedere ad un’individuazione frazionata della data di commissione di ogni singolo reato.
La prescrizione del reato continuato inizia a decorrere dalla consumazione dell’ultimo dei reati uniti dal vincolo di continuazione, fermo restando il periodo prescrittivo proprio di ciascun reato. Tale vincolo non è scindibile, quando l’unificazione delle diverse figure criminose sia stata dichiarata prima del decorso del termine prescrizionale per una o più di esse. Di contro, il giudice ha l’obbligo dell’immediata declaratoria della prescrizione del singolo reato, che risulti già maturata nel momento in cui verifica le condizioni per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati contestati. In quest’ultimo caso, infatti, il reato prescritto non può sopravvivere attraverso la fictio iuris di cui all’art. 81, comma 2, c.p.
Infine, per quanto concerne la decorrenza del termine prescrizionale nel caso di concorso formale di reati si deve tenere conto del carattere consumativo di ciascuno di essi, visto il carattere di unità fittizia e non reale del concorso stesso e la mancanza, rispetto al reato continuato, dell’unicità del disegno criminoso ovvero dell’elemento unificatore dei singoli reati.
III) Art. 159 Sospensione del corso della prescrizione.
“Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di:
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autorizzazione a procedere;
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deferimento della questione ad altro giudizio;
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sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore. In caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l’udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell’impedimento aumentato di sessanta giorni. Sono fatte salve le facoltà previste dall’articolo 71, commi 1 e 5, del codice di procedura penale;
3-bis) sospensione del procedimento penale ai sensi dell’articolo 420-quater del codice di procedura penale3.
Nel caso di autorizzazione a procedere, la sospensione del corso della prescrizione si verifica dal momento in cui il pubblico ministero presenta la richiesta e il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l’autorità competente accoglie la richiesta.
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione.
Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 420-quater del codice di procedura penale, la durata della sospensione della prescrizione del reato non può superare termini previsti dal secondo comma dell’articolo 161 del presente codice4”.
a) La sospensione della prescrizione.
La sospensione della prescrizione è un effetto giuridico, che si verifica in presenza di alcune cause ostative del procedimento penale, per il quale la decorrenza del termine atto a prescrivere si arresta per il tempo necessario a rimuovere l’ostacolo, in modo che la porzione di tempo già trascorsa rimanga valida e si possa sommare al periodo di tempo successivo, decorrente dal giorno della cessazione della causa sospensiva.
b) Cause di sospensione della prescrizione.
La prescrizione rimane sospesa: a) nei casi in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge; b) nei casi di autorizzazione a procedere (art. 313 c.p., 68 Cost.); b) nelle ipotesi di questioni deferite ad altro giudizio (artt. 3, 479 c.p.p.); c) nei casi di sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore; d) nei casi di sospensione del procedimento penale ai sensi dell’articolo 420 quater c.p.p.
Con questa statuizione il legislatore del 2005 ha voluto codificare espressamente dei principi giurisprudenziali già sanciti dai massimi organi giurisprudenziali.
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione. In caso di autorizzazione a procedere, il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l’Autorità competente accoglie la richiesta.
IV) Art. 160 Interruzione del corso della prescrizione.
“ Il corso della prescrizione è interrotto dalla sentenza di condanna o dal decreto di condanna.
Interrompono pure la prescrizione l’ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell’arresto, l’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice, l’invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l’interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione dell’udienza preliminare, l’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione dell’udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per un giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della interruzione.
Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell’articolo 157 possono essere prolungati oltre i termini di cui all’articolo 161, secondo comma, fatta eccezione per i reati di cui all’articolo 51, commi 3 bis e 3 quater, del codice di procedura penale.”
a) L’interruzione della prescrizione.
La prescrizione viene interrotta dall’intervenire delle cause espressamente indicate all’art. 160, comma 2, c.p. L’interruzione della prescrizione è un effetto giuridico per cui, in presenza di alcuni atti giuridici, il termine di prescrizione già decorso viene meno e comincia a decorrere ex novo et ex integro.
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell’interruzione.
B) Effetti della riforma del 2005 sull’interruzione della prescrizione.
La riforma del 2005 ha innovato in maniera rilevante la rideterminazione della misura del prolungamento del tempo necessario a prescrivere, che comporta l’interruzione. La nuova disciplina è articolata sia in funzione di alcune tipologie di reati sia di alcune tipologie di rei.
In particolare, l’ultimo comma del riformulato art. 160 c.p., nel determinare il limite invalicabile in presenza di più atti interruttivi stabilisce che i termini fissati nell’art. 157 c.p. non possono mai essere prolungati oltre i termini di cui all’art. 161, secondo comma, salvo per i reati di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p.
Il riferimento all’art. 161 del c.p. ha l’effetto di ridurre la durata della dilazione rispetto al passato. L’interruzione della prescrizione, infatti, può comportare l’aumento massimo, non più della metà, bensì di un quarto del tempo necessario a prescrivere.
L’effetto dilatorio, tuttavia, cresce stabilmente se si tratta di autori recidivi, secondo la seguente differenziazione: nel caso di recidiva aggravata (art. 99 comma 2 c.p.), l’interruzione può determinare un aumento della metà del tempo prescrizionale; nel caso di recidiva reiterata (art. 99 comma 4 c.p.), un aumento di due terzi; e, infine, nel caso di abitualità o professionalità nel reato (artt. 102, 103, 105 c.p.) un prolungamento del doppio.
V) Art. 161 c.p. Effetti della sospensione e della interruzione.
“La sospensione e la interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato.
Salvo che si proceda per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, della metà nei casi di cui all’articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all’articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105”.
a) Efficacia della sospensione del termine prescrizionale.
La sospensione del corso della prescrizione è normativamente ancorata all’ipotesi di sospensione del processo penale ed è produttiva di effetti per tutti coloro che hanno commesso il reato, ai sensi dell’art. 161 comma 1 c.p. Tale regola si applica anche agli imputati dello stesso reato nei cui confronti l’azione penale sia esercitata in un momento successivo, anche dopo il proscioglimento della persona inizialmente imputata.
b) Efficacia della interruzione del termine prescrizionale.
Gli atti interruttivi della prescrizione hanno valore oggettivo, in quanto denotano la persistenza di un interesse punitivo nello Stato.
Come per la sospensione, l’interruzione del corso della prescrizione verificatasi nei confronti di un imputato è produttiva di effetti per tutti coloro che hanno commesso il reato, ai sensi dell’art. 161 comma 1 c.p. Anche in questo caso, tale regola si applica agli imputati dello stesso reato nei cui confronti l’azione penale sia esercitata in un momento successivo, anche dopo il proscioglimento della persona inizialmente imputata.
1 Il testo previgente disponeva: “Art. 157 Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere.
La prescrizione estingue il reato:
1) in venti anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni;
2) in quindici anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a dieci anni;
3) in dieci anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce della reclusione inferiore a cinque anni, o la pena della multa.
4) in cinque anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione inferiore a cinque anni, o la pena della multa;
5) in tre anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce la pena dell’arresto;
6) in due anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce la pena dell’ammenda (…)”.
2 Corte Costituzionale: ordinanze n° 433/2008 del 23.12.2008 e n. 16/2014 del 28.01.2014 – Reati di competenza del giudice di pace;
3 Numero aggiunto dall’art. 12, comma 1, L. 28 aprile 2014, n. 67; vedi anche, per le disposizioni transitorie, l’art. 15-bis della suddetta L. 67/2014.
La Corte costituzionale, con sentenza 14 gennaio – 25 marzo 2015, n. 45 (Gazz. Uff. 1° aprile 2015, n. 13 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui, ove lo stato mentale dell’imputato sia tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la sospensione della prescrizione quando è accertato che tale stato è irreversibile.
4 Comma aggiunto dall’art. 12, comma 2, L. 28 aprile 2014, n. 67; vedi anche, per le disposizioni transitorie, l’art. 15-bis della suddetta L. 67/2014.
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