La impugnazione degli atti nel processo amministrativo

La impugnazione degli atti nel processo amministrativo.
Le regole della giurisdizione di legittimità. L’excursus della recente giurisprudenza amministrativa.

La giurisdizione di legittimità è esercitata dai tribunali amministrativi e ha per oggetto il vaglio degli atti amministrativi lesivi di interessi legittimi. Si tratta, com’è noto, di un controllo di legittimità con riferimento agli eventuali vizi di incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.

Il modello processuale de quo, quindi, è di tipo impugnatorio e demolitorio dei provvedimenti amministrativi viziati; in altre parole, si tratta di un processo di cognizione che si può concludere con una sentenza costitutiva di annullamento dell’atto illegittimo e impositiva dell’obbligo all’amministrazione di conformarsi al giudicato.

La struttura impugnatoria del modello vale ad attribuire al provvedimento amministrativo il ruolo di “protagonista” in relazione al processo.
Il provvedimento, quindi, deve essere un atto formalmente e sostanzialmente amministrativo e tipologicamente riconducibile ad una determinata funzione concretamente svolta; e, in secondo luogo, deve avere una incidenza effettiva nella sfera dei destinatari diretti e indiretti. Quest’ultimo elemento è fondamentale per stabilire quali siano i soggetti interessati a ricorrere, quali i controinteressati e coloro che abbiano interesse ad intervenire.

Ma quali atti e provvedimenti della pubblica amministrazione sono autonomamente impugnabili?

La regola è quella della immediata lesività nei confronti del ricorrente dell’atto amministrativo oggetto di impugnazione.
Ma vediamo, nella pratica, in che modo questo principio è stato declinato dalla recente giurispridenza amministrativa.

a) Uno dei principali motivi di discussione riguarda l’autonoma impugnabilità degli c.d. atti istruttori, prodromici, preparatori di un provvedimento amministrativo.

A riguardo si registrano le seguenti statuizioni:

Gli accertamenti istruttori, prodromici all’adozione di un provvedimento amministrativo, sono atti endoprocedimentali che non hanno capacità lesiva fino a quando non vengono recepiti nel provvedimento conclusivo e, di conseguenza, sono impugnabili solo insieme ad esso (v. T.A.R. Ancona, Marche, sez. I, 02/04/2016, n. 208).

E’ inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto avverso un atto endoprocedimentale atteso che questo, in quanto privo di efficacia lesiva, non è, come tale, suscettibile di autonoma lesività. In particolare, nel caso in questione, è stato affermato che l’organo competente ad emanare il provvedimento autorizzativo, prescritto e di concessione (in materia di igiene e sanità veterinaria) è il Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitatia, mentre le Asl sono gli organi competenti ad esercitare le attività istruttorie, tecniche ed amministrative, tra le quali i pareri, insuscettibili di autonoma impugnabilità (v. T.A.R. Lecce, Puglia, sez. II, 18/02/2016, n. 346).

E’ inammissibile, per carenza del requisito della lesività, il ricorso proposto per l’annullamento giurisdizionale di un atto comunale meramente preparatorio, a rigore nemmeno necessario, rispetto all’adozione della successiva ordinanza contingibile e urgente, la quale sarebbe seguita solo in caso d’inosservanza spontanea della diffida; né si può ovviare alla carenza del requisito della lesività dell’atto impugnato richiamandosi alla piena possibilità di un interesse a ricorrere anche solo di tipo strumentale, atteso che anche la mera utilità consistente nel rimettere in discussione il rapporto controverso, in vista di un nuovo esercizio del potere amministrativo, presuppone che, in origine, un atto amministrativo lesivo sia stato emesso, e vale unicamente a denotare che il relativo annullamento giurisdizionale non deve necessariamente essere subito satisfattivo del bene della vita perseguito da chi ricorre. Nella fattispecie de quo,  un condominio aveva (erratamente) impugnato un’atto del Comune, con il quale si era diffidato il condominio stesso ad effettuare i lavori necessari a porre rimedio alle infiltrazioni di acqua presenti nel locale cantinato del suo fabbricato, che ne minavano la stabilità. A tale missiva, però non era seguita alcuna ordinanza sindacale – in tema di ordine e sicurezza pubblica – ai sensi dell’art. 54 T.U. EE.LL. Di conseguenza, una mera diffida e non già un’ordinanza contingibile e urgente di intervenire, non è atto autonomamente lesivo ed impugnabile  (Consiglio di Stato, sez. V, 20/08/2015,  n. 3955).

Infine, particolare attenzione alla mancata impugnazione di atti che presentato vizi propri. Infatti, la mancata impugnazione di un provvedimento presupposto determina la trasmissione del proprio vizio all’atto a valle; ne deriva la preclusione della impugnazione dell’atto consequenziale, per vizi non propri ma derivati da quello presupposto.

b) Interessanti riflessioni, poi, possono essere proposte con riferimento alla materia dei concorsi e delle gare pubbliche.

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato in materia di concorsi e di gare pubbliche, quando sono stati impugnati uno o più atti preparatori, anche l’atto finale deve essere impugnato, in quanto partecipi della medesima sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio e la sua adozione non sia una mera inevitabile conseguenza ma implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi. In tali circostanze non viene meno la necessità di impugnare anche l’atto finale, pena l’improcedibilità del ricorso (v. Consiglio di Stato, Sez. V 23 marzo 2004 n. 1519; 17 settembre 2008, n. 4400; 09 febbraio 2010 n. 627; Sez. III, 01 febbraio 2012, n. 503; Sez. VI 22 aprile 2014 n. 2020).
Quindi, la conclusione del concorso, della gara e/o l’approvazione della graduatoria finale sono certamente parte della sequenza procedimentale e non sono una conseguenza automatica delle fasi precedenti, ma comportano in ogni caso una valutazione di regolarità sulle fasi precedenti, a maggior ragione in un caso come quello di specie per il contenzioso in corso (v. Consiglio di Stato, sez. III, 07/04/2016,  n. 1391).

La Giustizia Amministrativa, con un orientamento del tutto condivisibile, ritiene infatti che “i bandi di gara e le lettere di invito devono essere tempestivamente ed autonomamente impugnati, a prescindere dal momento dell’adozione degli atti che di essi fanno applicazione, laddove si tratti di clausole impeditive dell’ammissione, o che comunque incidono direttamente sulla formulazione dell’offerta” (v. Cons. St., IV, 26 novembre 2009, n. 7441). “La questione della immediata lesività non può essere invero circoscritta al solo ambito dei requisiti richiesti per partecipare alla gara, ma deve essere riguardata in sé, e come tale essa è propria di ogni situazione rispetto alla quale è certo che l’applicazione della clausola non potrà che essere fatta in un unico senso, cioè quello che presenta con evidenza carattere di asserito pregiudizio” (v. Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 1696/2011).

In altri termini, tali note pronunce confermano il tradizionale principio secondo cui il bando di gara o le relative clausole devono essere oggetto di tempestiva impugnativa laddove rechino prescrizioni immediatamente lesive della sfera giuridica dei destinatari, ovvero qualora le relative clausole impediscano, indistintamente a tutti i concorrenti, una corretta e consapevole formulazione dell’offerta.
In un caso oggetto di recente statuizione, la ricorrente con i motivi di doglianza articolati a sostegno dell’impugnativa, tentava di censurare una presunta illegittimità delle prescrizioni contenute nella lex specialis di gara tesa a condizionare ed impedire una corretta elaborazione dell’offerta economica, immediatamente lesiva degli interessi e delle prerogative della ditta, con il provvedimento finale di aggiudicazione, così ricevendo una dichiarazione di inammissibilità del ricorso (v. T.A.R. Bari, Puglia, sez. I, 07/07/2015,  n. 966).

c) Con riferimento, invece, alla questione dei provvedimenti amministrativi c.d. discrezionali si rileva quanto segue.

Il sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, in sede di legittimità nella materia delle valutazioni tecniche o tecnico-economiche, volte alla individuazione delle condizioni per la erogazione di sussidi pubblici, è limitato ai profili di incompetenza e di violazione di legge e, quanto al vizio di eccesso di potere, lo stesso può essere vagliato nei limiti dei profili di irragionevolezza e contraddittorietà della motivazione (v. Consiglio di Stato, sez. IV, 03/03/2016,  n. 877).

d) Infine, è interessante la decisione secondo la quale è impugnabile il provvedimento con cui si disponga la sospensione a tempo indeterminato del procedimento, in quanto tale sospensione, determinando un arresto del procedimento, manifesta un’immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell’interessato (T.A.R. Catania, Sicilia, sez. II, 06/11/2015,  n. 2573).

 

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