La clausola claims made

La validità della clausola claims made nei contratti assicurativi: esigenza di una verifica in concreto.

Le Sezioni Unite: Non è vessatoria ma può essere nulla.

Una clausola che pochi conoscono e che invece può condizionare la vita (e la serenità) di tantissimi cittadini, soprattuto appartenenti al mondo delle professioni (medici, avvocati, infermieri, architetti ect.).

Con una recente decisone a Sezioni Unite, la Suprema Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della delicata questione della validità e operatività dei contratti assicurativi con clausola “claims made”, prendendo posizione sul contrasto sorto in dottrina e giurisprudenza sulla qualificazione in termini di vessatorietà, nullità ovvero liceità della suddetta clausola.

Per comprendere a pieno la portata della decisone dei Giudici di Piazza Cavour, occorre preliminarmente chiarire cosa si intende per clausola “claims made”: trattasi di clausola, in forza della quale vi è copertura assicurativa della responsabilità del contraente, solo se la richiesta risarcitoria o il primo atto del procedimento penale pervengano durante la vigenza del contratto, indipendentemente se il fatto da cui scaturisce la richiesta o il procedimento sia accaduto prima della stipula.

La clausola “claims made” – che potrebbe tradursi letteralmente: “ a richiesta fatta” – rende possibile una stortura temporale tra l’obbligo di indennizzo dell’assicurazione e il pagamento del premio dell’assicurato, consentendo di coprire da assicurazione comportamenti dell’assicurato antecedenti alla data di conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno – o la notizia di un procedimento – sia per la prima volta proposta o conosciuta dopo tale data.

Così descritta, la clausola in questione sembrerebbe apportare soltanto dei vantaggi all’assicurato, coprendolo dal rischio di dovere subire le conseguenze di una richiesta risarcitoria o di un giudizio che abbiano a proprio fondamento un accadimento avvenuto in epoca antecedente alla vigenza del contratto assicurativo.
Tuttavia, non mancano casi in cui l’operatività di tale clausola possa danneggiare il contraente.

Ed infatti, se il soggetto è assicurato al momento del fatto, ma non lo è al momento della richiesta risarcitoria o della ricezione del primo atto relativo ad un procedimento penale, non avrà alcuna copertura assicurativa.
A titolo esemplificativo, si pensi ad un medico – soggetto obbligato per legge ad avere copertura assicurativa durante la propria attività lavorativa – che va in pensione e che non rinnova la propria polizza assicurativa “claims made”, nel rispetto della normativa vigente.
Ebbene, se tale soggetto, in pensione e sprovvisto di polizza, riceve una richiesta risarcitoria per un incidente accaduto anni prima, nell’espletamento delle proprie mansioni, non potrà invocare alcuna copertura assicurativa.

Partendo dalle diverse possibili conseguenze dell’operatività della clausola in questione, dottrina e giurisprudenza hanno a lungo dibattuto sulla validità e sulla qualificazione in termini di vessatorietà della stessa.

Così, una parte della giurisprudenza ha ritenuto legittima la clausola “claims made”, enfatizzando che attraverso la stessa, possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell’assicurato anteriori alla data di conclusione del contratto (cfr: Cass. 22 marzo 2013, n. 7273; Cass. 17 febbraio 2014, n.3622).

Al contrario, alcune pronunce di merito hanno sottolineato che la clausola “claims made” deve intendersi affetta da nullità ex art. 1895 c.c., perché permetterebbe di assicurare un rischio inesistente durante la vigenza del contratto (cfr: Tribunale di Roma n. 16975/2006).
Nella stessa direzione si segnala un orientamento giurisprudenziale, secondo cui la suddetta clausola è nulla perché limita significativamente la responsabilità dell’assicuratore e si pone in contrasto con lo schema tipico del contratto di assicurazione ex art. 1917 c.c. (cfr: Tribunale di Bologna n. 3318/2002).

Infine, secondo un altro orientamento, per così dire intermedio, la clausola “claims made” ha natura vessatoria relativa, ed è nulla solo se non sottoscritta espressamente dal contraente (cfr: Cass. 13 febbraio 2015, n.2872).

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione interviene nuovamente sul dibattito, affermando la non vessatorietà della clausola in questione e chiarendo che la sua validità deve valutarsi caso per caso, avendo particolare riguardo alle conseguenze applicative sull’assicurato.
In particolare, le S.U. precisano che:
“Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile, la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. clausola claimes made mista o impura) non è vessatoria; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, nell’ambito della disciplina di protezione del consumatore, per il fatto di determinare, a carico del consumatore stesso, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la relativa valutazione, da effettuarsi dal giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata.”

(consulta: Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza n. 9140/16; depositata il 6 maggio).

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